di Francesca Orioli
Aprile 2019
Quando il velo è simbolo di mancata libertà e diritti violati
O Profeta, dì alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di coprirsi dei loro veli, così da essere riconosciute e non essere molestate” dice il Corano alla Sura XXXIII, versetto 59.
Quindi, donna che stai per partire per l’Iran, organizza bene la valigia come Allah comanda.
Non una banale sfilza di T-shirt, felpe e comodi leggings da infilare nello zaino la sera prima di partire, ci vuole un po’ di organizzazione. Perché qui vestirsi come ci pare non è solo offendere i principi delle sacre scritture ma è violare la legge. L’art. 63 del codice penale della Repubblica Islamica dell’Iran impone che tutte le donne, comprese le bambine dai 9 anni in su, debbano coprirsi il capo con in velo nelle strade e nei luoghi pubblici. Quindi mettiamo da parte lo spirito di opposizione al regime perché non aiutiamo certo la causa andando in giro con i capelli al vento.
Tiriamo fuori dall’armadio sciarpine, foulard e camicioni lunghi e larghi per coprire le nostre infami e prorompenti forme. La sciarpina meglio che non sia troppo lunga perché poi impiccia ma neanche troppo corta che non riusciamo a fare il giro: ricordiamoci che anche il collo va coperto. Niente orribili mollettine per fermarla, ho visto solo le francesi conciarsi cosi, il velo sta su da solo. Sono ben tollerati ciuffi fuori, ogni tanto anche le donne iraniane se lo sistemano, pure in pubblico, lasciandolo sempre appoggiato al capo. Lo fanno con un gesto elegante, come le ragazze da noi si scostano i capelli. Fanno eccezione alcuni luoghi sacri dove veniamo fornite di chador (spesso chiaro modello lenzuolo della nonna) e siamo invitate a tirare dentro bene i capelli.
Per le zone ventose (tipo alle rovine di Pasargade, le torri del vento a Yazd e le escursioni nel deserto), gli occhiali da sole inforcati sulla testa aiuteranno o come fanno le locali, una visiera-cerchietto da acquistare in loco può avere doppio scopo. Ma se poi Eolo soffia forte bisognerà tenerlo con le mani, non ci sono santi.
E arriviamo al difficile: il camicione copritutto. Innanzitutto deve scendere oltre il sedere. se arriva a metà coscia tanto meglio. Io ho sempre optato per una maglietta sotto cosi di casacconi me ne sono bastati due o tre, ma in piena estate, col caldo torrido di molte città dell’altopiano centrale e nel deserto, il doppio strato potrebbe essere fastidioso. Per i momenti più freschi della primavera invece può essere necessario mettere qualcosa sopra: bisognerà portare qualche giacca lunga e ampia. Alcuni giorni (e la sera) può essere ancora più freddo: per essere perfette ed eleganti si può mettere in valigia un cappottino; io ho optato per il pratico 100 grammi che arriva in vita: con camicione e giacca lunghi sotto non desta scandalo. Ho visto anche qualche iraniana adottare questa soluzione a Tehran e Ishfan. In inverno la musica cambia, può fare molto freddo ma in tal caso il lungo aiuta.
Una buona panoramica sulle temperature su https://www.climieviaggi.it/clima/iran
I pantaloni non devono essere necessariamente larghi, ho visto molte iraniane con pantaloni a sigaretta o anche più stretti, purché la casacca arrivi a metà coscia. Chiaramente devono essere lunghi fino alle caviglie.
Sui colori non c’è limite anche se le più colorate sono le turiste. I sandali sono stati una ‘conquista’ degli ultimi anni. Molte cose devono essersi ‘ammorbidite’ per fortuna ma c’è ancora tanta strada da fare.
Ma le iraniane come si vestono? A Yazd, cittadina più tradizionale, prevale il nero dei lunghi jihab anche con stoffe ricamate o disegnate ma sempre nero su nero. Shiraz e Teheran sono le città più moderne: qui è molto diffuso il jeans, i pantaloni si restringono, le casacche prendono forme sciancrate. Il leopardato piace molto da queste parti, forse simbolo di una vita più libera o semplicemente per seguire la moda: un foulard animalier alleggerisce notevolmente la veste nera.
Make up e smalto cominciano a far parte della vista quotidiana, e anche questo è una forte conquista dopo i divieti imposti dalla ‘guida suprema’ nel ’79: rossetti rosso intenso e unghie lunghe laccatissime hanno qui più valore che altrove, perché sanno di passo verso la libertà.
Nei bazar vendono abiti scintillanti, scollati e senza maniche, tutti tempestati e ricamati: ma dove li usano? Pare nelle occasioni in famiglia, ai matrimoni, o comunque nelle feste private, lontani dagli occhi dei guardiani della sharia. O in quelle feste ‘segrete’ dove ci si prende la libertà di fare una cosa così impura come ballare e magari bere bevande proibite. Robe che se la polizia morale fa retata sono cavoli amari.
Il velo diventerà parte di voi, stare senza vi farà sentire una mosca bianca, come andare in motorino senza casco. Certo la visione laterale è un po’ limitata ma ci si abitua in fretta e il rischio di annidare qualcosa tra le pieghe mentre si mangia non è da sottovalutare, pazienza. Del resto a noi turiste tocca per il tempo di un viaggio, non lamentiamoci. Alle iraniane invece tocca per la vita, e non hanno possibilità di scelta. Che poi è il loro male minore, è più ormai un simbolo della loro mancata libertà. Ne hanno ben altre di ingiustizie, perché sono considerate inferiori agli uomini per legge. L’eredità alle figlie femmine vale la metà rispetto ai figli maschi così come la testimonianza in tribunale di una donna vale la metà di quella di un uomo o in caso di risarcimento. Per non parlare dei doveri coniugali e l’impossibilità di fare cose senza il permesso del padre o del marito.
Colpa del Corano? Beh, sicuramente ci ha messo del suo, ma l’ostinazione di perseguire dettami scritti quattordici secoli fa, peraltro interpretati in maniera non sempre univoca, è una volontà a dir poco discutibile. Nella Sura IV versetto 34 “Gli uomini sono anteposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre” – nella Sura IV versetto 11 “Ecco quello che Allah vi ordina a proposito dei vostri figli: al maschio la parte di due femmine” – nella Sura II versetto. 282 ”chiamate ad assistere due testimoni, se non sono due uomini, siano un uomo e due donne, perché se una di esse dimentica, l’altra la faccia ricordare”. Trattate da oche. E ce ne sono a bizzeffe di versetti maschilisti e sessisti, top del top sempre alla Sura IV versetto 34 “Quanto a quelle di cui temete atti di disobbedienza, ammonitele, poi lasciatele sole nei loro letti, poi battetele’. Quindi uomini menateci anche al solo ‘sospetto’ che vi manchiamo di rispetto. Voi invece santi subito.
Comunque anche la nostra Bibbia non è che ci vada giù leggera con le donne: ricordiamoci che noi non avremmo dignità nostra, siamo pur sempre una costola di Adamo. ‘Dalla donna ha inizio il peccato e per causa sua tutti moriamo’ – Siracide Capitolo 25, 24. E gli psicologi ci campano con i sensi di colpa. E ancora ‘moltiplicherò i tuoi dolori, e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà’ – Genesi, Capitolo 3, 16. Insomma riteniamoci fortunate che anche a noi non sarebbe andata tanto bene.
Forse i Veda non entrano così nel merito ma anche nell’India del peace&love le donne sono spesso esseri inferiori e discriminati, stuprate ogni tre per due e date in sposa da bambine.
Non boicottiamo l’Iran, le donne iraniane hanno bisogno di confrontarsi con noi, di farci domande, di capire cosa spetta loro di diritto: a coloro che sono cresciute dopo il ’79 sono state tarpate le ali, non sanno neanche che cosa è stato loro portato via. Massimo sostegno alle coraggiose ribelli di My Stealthy Freedom (La mia libertà occultata) che si battono contro l’obbligo del velo e più in generale per la libertà della donna in Iran – purtroppo oggetto di continui arresti.

Il romanzo autobiografico di Azar Nafisi ‘Leggere Lolita a Teheran‘ è un’ottima panoramica dei danni sulle donne dei diktat della teocrazia degli ayatollah. Libro irrinunciabile se si è in partenza per l’Iran. Quando l’autrice racconta delle sue ragazze che vengono a casa sua – dopo l’allontanamento dall’università – per gli incontri segreti di lettura e si tolgono il velo, scrive ‘eppure quando le mie studentesse entravano in quella stanza, si levavano di dosso molto di più. Lentamente ognuna di loro acquisiva una forma, un profilo, diventava il suo proprio, inimitabile sè’.
Che dio non le aiuti. Se la cavano meglio da sole.