di Francesca Orioli
Dicembre 2022
Un viaggio in Israele sulle tracce dei luoghi delle Sacre Scritture.
PROLOGO
La valigia è diventata pesante, al ritorno. Non ci sono souvenir infilati tra le calze ma tante riflessioni. Pensieri sulla spiritualità dei luoghi, sulla commistione di culture e religioni, sulla storia antica e quella attuale.
Gerusalemme è senz’altro il punto forte del viaggio, una città meravigliosa, un ombelico del mondo che ha condizionato l’evoluzione dell’umanità. Una città che dovrebbe insegnare la tolleranza, favorire la mescolanza, l’inclusione e indurre al raccoglimento. Un luogo che, invece, sembra professare l’individualismo dei popoli e vade-retro a ogni tentativo di osmosi. Un microcosmo di culture a compartimenti stagni.
Non ho intrapreso questo viaggio con lo spirito religioso perché non mi appartiene ma credevo comunque di trovare un certo misticismo, una sorta di energia primordiale, fosse anche solo sana suggestione. Purtroppo no, ho trovato principalmente ‘business’, complice anche l’alta stagione turistica concomitante con le festività natalizie. Grupponi eterogenei in gita, aspiranti pellegrini della domenica, caciara, sagra del selfie davanti a luoghi sacri, mancanza di rispetto per chi crede e comunque per le tradizioni, per le radici dell’uomo. Saranno pur sensazioni razionali di una pseudo atea non coinvolta emotivamente, ma la fede intima, pura e profonda qui non l’ho trovata.
Ho identificato il viaggio con la ricerca di ogni reminiscenza delle lezioni di catechismo, facendomi affascinare come un’attenta ascoltatrice di cantastorie tirando fuori dai cassetti ricordi di infanzia, rispolverando conoscenze, lucidando collegamenti con la storia e l’arte, perché nel bene o nel male, la religione è parte integrante delle nostre origini, della nostra cultura e della nostra formazione mentale.
Quindi alla domanda ‘Ne vale la pena?’ la risposta è ‘Assolutamente si’. Ogni viaggio vale sempre la pena, si torna sempre più arricchiti dentro. Qui, più che altrove sarebbe meglio evitare le feste comandate.
Bigino della Bibbia alla mano, snocciolo i racconti dei posti visitati rifacendomi ad alcuni degli episodi più conosciuti del Cristianesimo, permettendomi qualche deviazione verso l’Ebraismo e l’Islam che condividono una radice comune e che soprattutto in questi territori condividono gli spazi.
GERUSALEMME
Iniziamo dalla fine, un po’ di effetto flashback non guasta mai, tanto non c’è nessuna spoilerata, si sa come va a finire la storia.
Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò (Luca 23,46)
Siamo al Santo Sepolcro, nel cuore di Gerusalemme, al confine tra il quartiere cristiano e quello arabo. La basilica del Santo Sepolcro è il punto centrale della cristianità ed è stata costruita in questo punto preciso perché qui si sono svolte le ultime ore della vita di Gesù qui è stato sepolto e qui è risorto. Dal punto di vista architettonico la struttura è una mescolanza di stili, un edificio senza forma, un labirinto da scoprire man mano che si gira l’angolo o si seguono le scale, ma proprio per questo affascinante. Massimo esponente della stratificazione storica, delle ricostruzioni e ampliamenti conseguenti alle conquiste crociate, già di natura teatro di scontri e divergenze piuttosto che di integrazione, anche all’interno della ‘stessa famiglia’. Oggi qui si incrociano i vari culti cristiani: i latini rappresentati dai francescani, i greco-ortodossi, gli armeni, gli etiopi, i copti, i siro-giacobini. La basilica è una sorta di condominio dove diritti di passaggio e orari delle celebrazioni devono essere regimentati e ogni decisione deve raggiungere il quorum dei millesimi. Qui vige lo ‘Status Quo’, una sorta di protocollo d’intesa tra le confessioni per stabilire ogni cosa. E una scaletta di legno appoggiata all’esterno del secondo piano è il simbolo dell’equilibrio precario: nessuno osa spostarla per timori di rappresaglie. Se un luogo tanto sacro è l’esempio di guerre intestine e rivendicazioni come sperare che il mondo fuori sia migliore?
Canto l’arme pietose e ‘l capitano
che ‘l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò co ‘l senno e con la mano,
molto soffrì nel glorioso acquisto;
e in van l’Inferno vi s’oppose, e in vano
s’armò d’Asia e di Libia il popol misto.
(Gerusalemme Liberata T. Tasso)

Visitiamo la basilica alle 6 del mattino (apre anche prima, alle 4 o alle 5 a seconda della stagione), prima delle ondate di turisti, al riparo degli schiamazzi e delle spiegazioni delle visite guidate. Torniamo in diversi orari per incontrare le diverse confessioni. Partecipiamo al raccoglimento dei credenti che toccano la pietra dell’unzione dove venne lavato e preparato il corpo per la sepoltura, ci mettiamo in fila per un fugace incontro con la tomba vuota (si può rimanere all’interno una manciata di secondi in gruppetti di 3-4 persone) unico angolo salvo da foto e baraonda di turisti. Tocchiamo la roccia del Golgota:
E giunti a un luogo detto Golgota, che vuol dire «luogo del teschio» gli diedero da bere del vino mescolato con fiele; ma Gesù, assaggiatolo, non volle berne.(Matteo 27,33).
All’epoca della cronaca, il Golgota, o Calvario era una collina fuori le mura della città dove venivano eseguite le condanne a morte, perché l’altura era un visibile palcoscenico che doveva fungere da avvertimento a non compiere atti contrari alla legge. Geograficamente oggi sembra impossibile come, nel pieno di una città e all’interno di una basilica, si possa toccare la cima di una collina, quella dove era conficcata la croce del presunto reato.
Ad un luogo colmo di pena e sofferenza ahimè oggi ci si arriva attraversando un chiassoso suk. La Via Dolorosa, ovvero la Via Crucis, è proprietà del quartiere arabo che occupa la parte orientale della città entro le mura. Difficile immaginare la scena di Simone di Cirene che aiuta a portare la croce, Veronica che asciuga le lacrime, Gesù che consola la Pie donne tra un banco di spezie, datteri dolciumi e paccottiglia varia. Per rivivere il momento vengono organizzate commemorazioni quotidiane che partono nei pressi della Porta dei Leoni.
Rimaniamo nel quartiere arabo per toccare con mano altri luoghi simbolo della condanna di Gesù: la presunta prigione di Gesù e Barabba e la basilica dell’Ecce Omo, che sorge nel luogo in cui Pilato fece scegliere al popolo quale condannato liberare presentando ‘questo è l’uomo’:
Gesù dunque uscì, portando la corona di spine e il manto di porpora. Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!» Come dunque i capi dei sacerdoti e le guardie lo ebbero visto, gridarono: «Crocifiggilo, crocifiggilo» (Giovanni 19,5)
Poco più avanti, in direzione della Porta dei Leoni incontriamo la Chiesa della Flagellazione e la Cappella della Condanna, luogo di definitiva decisione. Quest’area all’epoca era occupata dalla Fortezza Antonia, sede della guarnigione romana al tempo dei fatti. In una porzione di antico lastricato urbano sono stati rivenuti dei segni rappresentanti il gioco dei militari che prendevano in giro i condannati.
Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: «Salve, re dei Giudei!» (Matteo, 27, 27)
Accanto alla chiesa della Flagellazione, nel chiostro francescano è stato allestito un interessante museo con video-proiezione che riassume in 15 minuti la storia di Gerusalemme e la connessa evoluzione urbanistica
www.terrasanctamuseum.org/it/le-sezioni-del-terra-sancta-museum/via-dolorosa
Spostiamoci ora verso est uscendo dalle mura dal Lion’s Gate ma rimanendo comunque nella cerchia storica: saliamo sul Monte degli Ulivi.
Ai piedi del monte ci appare la facciata dorata della Chiesa delle Nazioni costruita agli inizi del XX secolo sui resti di una basilica bizantina a sua volta base di una cappella esistente al tempo dei crociati.

Questo era il luogo dove Gesù pregò la notte in cui venne arrestato dai romani e la ‘roccia dell’agonia’ è posta vicino all’altare vicino ad una corona di spine. A fianco della chiesa il giardino del Getsemani. Qui un po’ di delusione compare sul mio viso: le mie memorie da catechismo racconterebbero di un ampio spazio paragonabile al parco di villa Borghese, invece solo un recinto poco più grande di un giardino di casa che tuttavia conserva ulivi millenari. Ma del resto quando si è piccoli si tende sempre ad esagerare e vedere tutto grande.
Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l’ora nella quale il Figlio dell’uomo sarà consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina». (Matteo 26, 45)

A pochi passi, sempre alla base della collina, troviamo la basilica dell’Assunzione, luogo della tomba – vuota – di Maria e luogo della sua ascensione al cielo. Non ci sono riferimenti di questa ‘salita al cielo’ nelle sacre scritture, solo negli anni ’50 del novecento Pio XII rende dogma questo miracolo ma pare che ancora si discuta sulla ‘dormizione’ ovvero che sull’addormentarsi prima di passare a vita celeste o addirittura, le frange più estremiste, propongono che anche lei sia risorta dopo tre giorni. Io mi limito a scendere la lunga scalinata nella chiesa per raggiungere la cripta e assaporare finalmente un po’ di pace e sentire un po’ di sacralità.

Forse non è necessario essere particolarmente religiosi per sentire l’attrazione verso la figura di Maria, nel mio caso le interpretazioni dell’arte me l’hanno sempre resa una figura di riferimento, un volto buono, gentile che infonde protezione e sicurezza, come un angelo. E scopro che la sua figura, come quella di Abramo, è comune alle tre grandi religioni monoteiste, donna ebrea che frequentava la sinagoga, riferimento indicato da Allah:
E quando gli angeli dissero: «In verità, o Maria, Allah ti ha eletta; ti ha purificata ed eletta tra tutte le donne del mondo. O Maria, sii devota al tuo Signore, prosternati e inchinati con coloro che si inchinano (Corano Sura 3, 42, 43)
Proseguiamo l’esplorazione del Monte degli Ulivi, a mezza costa mi sento in un vero e proprio crocevia in senso fisico delle tre religioni che qui fanno a gara per comandare: i miei piedi poggiano sul monte preludio della Passione, sotto di me si estende l’enorme cimitero ebraico con le sue lapidi affacciate alla Valle di Giosafat e alla porta che si aprirà miracolosamente alla fine dei giorni – e la vista oltre le mura spazia alla cupola d’oro della spianata delle moschee. Un perfetto riassunto della storia di Gerusalemme.
Entriamo nella chiesa del Dominus Flevit, luogo dove si narra che Gesù abbia pianto preannunciando la condanna di Gerusalemme: la distruzione della città e lo sterminio dei suoi abitanti che hanno rifiutato il Salvatore.
‘Oh se tu sapessi, almeno oggi, ciò che occorre per la tua pace! Ma ora è nascosto ai tuoi occhi. Poiché verranno su di te dei giorni nei quali i tuoi nemici ti faranno attorno delle trincee, ti accerchieranno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché tu non hai conosciuto il tempo nel quale sei stata visitata? (Luca 10, 42)

La distruzione avverrà nel 70 (d.C. ovviamente) ad opera dei romani. Non era una vendetta di Dio, ma un avvertimento. Sarà. Ci sovviene l’immagine ben rappresentata da Hayez ‘la distruzione del tempio di Gerusalemme’ che con il suo impeto visivo ci trasmette oppressione e sopraffazione.
Saliamo sulla cima per recitare il Padre Nostro in tutte le lingue del mondo nella chiesa del Pater Noster. L’edificio è stato costruito per inglobare la grotta in cui Gesù, secondo alcune correnti, abbia insegnato agli apostoli a pregare. La chiesa attuale risale al XIX secolo e ingloba resti di una chiesa bizantina del IV denominata Eleona, distrutta dai persiani nel 600 e ricostruita dai crociati. Oggi il chiostro è tappezzato di pannelli in maioliche che recitano la preghiera più nota al mondo in oltre 100 lingue.
‘Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione’ (Luca 11,1)
Scendiamo dal Monte degli Ulivi, rientriamo nella città vecchia e andiamo sul luogo dell’ultima cena, il Cenacolo nei pressi della Porta di Sion. Anche qui ci troviamo in un punto dove le tre religioni si incrociano, quasi a voler ognuna marcare il territorio: una stanza in stile tardo romanico-quasi gotico sul luogo dove avvenne l’ultima cena dove l’unico elemento cristiano rimasto è un capitello decorato con un pellicano simbolo del sacrificio che si staglia dinanzi ad un tipico mihrab arabo, la caratteristica nicchia che si trova nelle moschee. A fianco del tempio è custodita la tomba di Davide, re d’Israele da cui discenderà il Messia per gli ebrei, nonché padre di Salomone che costruì il secondo Tempio di Gerusalemme. E’ un luogo sacro per gli ebrei tuttavia, secondo gli archeologi, il corpo di Re Davide non è qui.
‘Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi’. (Luca 22,19)
Una scalinata di epoca romana collegava il Cenacolo con la valle di Giosafat e quindi al Getsemani: siamo a sud est della città, sul versante orientale del Monte Sion, in epoca di Cristo questo era un quartiere di ebrei abbienti nonché sede dal palazzo di Caifa, il sommo sacerdote probabilmente mandante dell’arresto di Gesù e della sua consegna a Ponzio Pilato.
‘Gesù gli disse: «In verità ti dico che tu, oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo abbia cantato due volte, mi rinnegherai tre volte Ma egli diceva più fermamente ancora: «Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò’ (Marco 14, 27)
Questo scambio di battute con il discepolo prediletto Pietro avvenne proprio in questo tratto di strada. Pietro aveva finora dimostrato un forte legame con il protagonista della nostra storia ma, messo alle strette da ‘o la borsa o la vita’ si troverà a negare di essere un seguace di Gesù. Per ricordare un cosi importante momento di viltà ovviamente è stato costruito un edificio religioso. Troviamo quindi qui San Pietro in Gallicantu, una chiesa cattolica degli anni ’30 del novecento, costruita su un edificio bizantino di cui rimane qualche frammento di mosaico.
In questa zona ‘signorile’, scendendo dal colle, si trova la Piscina di Siloam, punto d’arrivo di un’imponente opera ingegneristica del 700 che portava l’acqua in città attraverso due acquedotti. Qui avvenne il miracolo del cieco.
‘Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: Và a lavarti nella piscina di Sìloe. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.’ (Giovanni, 9, 6)
Oggi la piscina è parte dell’area archeologica della Città di David che il governo israeliano ha molto spinto per finanziare gli scavi e far rivendicare il glorioso passato ebraico della città.
Da qui la vista si affaccia sui luoghi sacri per eccellenza delle altre due grandi religioni monoteiste che rivendicano la città come fulcro per la propria confessione.
Se per il Cristianesimo Gerusalemme è caput mundi perché teatro della vita, della morte e della resurrezione di Cristo, per l’Ebraismo Gerusalemme è sacra in quanto sede del Tempio, suprema espressione di culto già dal 950 a.C., e per l’Islam è il luogo in cui Maometto nel 621 d.C. compì il viaggio notturno in cielo verso Allah dal luogo identificato con la moschea di Al-Aqsa, nell’attuale Spianata delle Moschee.
Qui spicca quello che forse è il simbolo di Gerusalemme: la cupola d’oro della moschea Cupola della Roccia, luogo dove Abramo era disposto a decapitare il figlio per dimostrare la sua fede.
’E Dio disse: «Prendi ora tuo figlio, il tuo unico figlio, colui che tu ami, Isacco, va’ nel paese di Moriah e là offrilo in olocausto sopra uno dei monti che io ti dirò’ (Genesi 22,2).
Mi sento di dire che siamo di fronte ad un’appropriazione indebita. Siamo 2000 anni prima di Cristo, Abramo è padre di tutte e tre le grandi religioni monoteiste, quindi si dovrebbe parlare di multiproprietà del luogo, poi se proprio si vuol trovare un chirografario, il diritto maggiore spetterebbe agli ebrei perché qui sorgeva il loro tempio distrutto dai romani nel 70 d.C.. Invece nel 1967 dopo la guerra dei 6 giorni con la Giordania per la conquista di alcuni territori, la spianata venne concessa agli arabi come compromesso post bellico. E’ facile capire come quest’area – che peraltro per gli ebrei è identificata come il luogo dove verrà costruito il terzo tempio – sia una bomba ad orologeria.
Quel che rimane del Tempio ebraico è il muro del Pianto punto di riferimento della comunità ebraica che il venerdì e il sabato diventa il luogo di celebrazione del culto per eccellenza. A fiotti si riversano di fronte al muro sacro, soprattutto uomini in abito elegante con una sorta di trench nero, riccioli di capelli ai lati delle orecchie, sontuoso cappello e valigetta porta-cappello. Le donne sono in decisa minoranza e a loro è riservata un’area di preghiera più ristretta, forse han meno da farsi perdonare.

Vale la pena addentrarsi nel quartiere ebraico, immaginarsi in un’altra epoca percorrendo il tratto di Cardo romano riportato alla luce dopo il 1967 quando il quartiere venne ripreso dopo la guerra con la Giordania. Al tempo dei crociati era fiancheggiato da mercati coperti di oro, carne e spezie. Nella piazza principale del quartiere lo sguardo inevitabilmente si posa su un grande menorah – il candelabro a sette bracci – racchiuso in una teca nella piazza di fronte alla grande sinagoga. E’ la riproduzione perfetta di quello descritto nella bibbia ed è stato realizzato dall’associazione Holy Temple, una congregazione che sta seriamente preparando il mondo all’avvento del Messia. Il Visitor Center di questi cugini dei terrapiattisti si trova poco distante, potrebbe essere curiosa una visita se lo si trova aperto.
Non tralasciamo il quartiere armeno, ordinato e raccolto e se vogliamo una sferzata di simpatia per gli arabi facciamo una passeggiata nel quartiere ebraico ultra ortodosso: manifesti che inneggiano ad una vita morigerata e al mantenimento del decoro imposto da canoni di abbigliamento molto severi e bigotti. Passeggiando qui potrebbe capitare di sentirsi a disagio tra visi arcigni di un popolo che non si mescola, che veste elegante tutto il giorno ma mantiene case e strade nel completo abbandono.
BETLEMME
Facciamo un salto indietro di 33 anni, usciamo dalla città, anzi usciamo proprio dallo Stato di Israele: non in groppa all’asino ma con un autobus di linea arriviamo a Betlemme, luogo di nascita di tutta la faccenda.
Siamo a 15 km dalla città, in territorio palestinese, pronti a tirare fuori il passaporto e attraversare l’inquietante muro di separazione. Qui le riflessioni mistiche si colorano necessariamente di tinte socio-politiche, è bastato un cenno all’autista del taxi per farci portare al Flower Thrower di Bansky per solidarizzare e sciorinarci tutto il suo disappunto verso gli ebrei tirannici.
Ma noi siamo qui con le Sacre Scritture in mano, quindi concentriamoci sulla dottrina. Censimento, grotta, bue, asinello sono parole che ci hanno da sempre accompagnato, quindi ci dirigiamo spediti alla Basilica della Natività. Ahimè anche qui siamo nel bailamme, le guide turistiche incanalano il flusso di visitatori, ammassamenti sulle gradinate della grotta, il silenzio questo sconosciuto. Uno sguardo furtivo alla stella sul pavimento che segna il luogo preciso della nascita e via, siamo in catena di montaggio. Un’occhiataccia ai cinesi che si fanno il selfie davanti alla grata, un occhio sguincio alle guide arabe che dirigono il traffico in chiesa incuranti di ogni forma di spiritualità e rispetto.
Passeggiare per il resto della chiesa è senz’altro più piacevole, la gente si disperde e si ha modo di godersi il luogo se non proprio in silenzio almeno con calma. La basilica originaria è stata costruita sopra la grotta della Natività nel 330 per volere di Costantino. Ammiriamo i bei mosaici e le colonne corinzie decorate con immagini di santi sovrastati da finestre che simboleggiano la luce divina e che con meteo clemente farebbero brillare l’oro e il verde dei tasselli, ma oggi piove che Dio la manda e non sono fungibili allo scopo.

L’accesso alla basilica avviene attraverso la Porta dell’Umiltà, un passaggio basso e stretto che impone di inginocchiarsi, nato per evitare incursioni a cavallo che spudoratamente avvenivano in tempi antichi.
A pochi passi dalla basilica, in una stradina costellata di negozietti di statuine in legno d’olivo e presepini in madreperla, troviamo la Grotta del Latte.
‘Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo’ (Matteo 2,13)
Tutto accadde dopo la dipartita dei Re Magi che avevano portato i loro doni al bambino guidati dalla stella cometa. Nella fretta del fuggi fuggi si narra che dal seno di Maria – che stava allattando – scese una goccia di latte che cadde sulla roccia che improvvisamente divenne bianca. Neanche a dirlo, il luogo divenne pellegrinaggio per la ricerca della fertilità, nel dubbio se non si vogliono gravidanze inaspettate meglio non toccare niente!
Prima di lasciare Betlemme visitiamo anche la Grotta dei Pastori, dove una chiesa cattolica commemora l’annuncio da parte di un angelo dell’ imminente nascita del Messia ad un gruppo di pastori. Siamo a circa 2,5 km della Chiesa della Natività, può essere utile prendere un taxi per arrivarci. L’atmosfera qui è decisamente più raccolta, niente folla di turisti, siamo fortunati perché un gruppo di suore intona un Gloria davanti all’altare che ci fa emozionare e assorbire energia dal luogo.
L’angelo disse loro: «Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno: troverete un bambino avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia”». (Luca 2,10)
FORTEZZA DI ERODE
Seguiamo le orme di quel criminale di Erode il Grande, per meglio contestualizzare i personaggi della storia, ma anche perché il farabutto della strage degli innocenti ci porta in un luogo paesaggisticamente meraviglioso, che non possiamo perdere. Quell’uomo pusillanime, insicuro e certamente con manie di persecuzione, per assicurarsi una struttura difensiva nei confronti delle invasioni dell’impero romano, fece costruire nel ’40 a.C. una fortezza nel mezzo del deserto della Giudea, nei pressi del Mar Morto sulla vetta di una montagna a 400 metri di altezza dal livello del mar morto (quindi pallottoliere alla mano, la vetta è praticamente al livello del mare).
I resti di questa imponente fortezza sviluppata su tre terrazzamenti di un promontorio roccioso denominata Masada sono un’attrazione turistica davvero imperdibile. Noi l’abbiamo raggiunta noleggiando un’auto da Gerusalemme, con un po’ di impegno si possono prendere anche bus pubblici e sicuramente molte agenzie a Gerusalemme organizzano gite giornaliere. Il fascino di essere indipendenti sta nella possibilità di dormire alle pendici del monte e di poter salire a piedi attraverso il sentiero del Serpente prima dell’alba per godersi in cima il sorgere del sole in un’atmosfera davvero magica. La cima si può raggiungere anche comodamente con la funivia che apre alle 8 (tutte le info sul sito ufficiale di Masada N.P.
https://en.parks.org.il/reserve-park/masada-national-park
Oltre alla spettacolarità del luogo dal punto di vista naturalistico, si rimane abbagliati dalle opere di ingegneria civile che qui hanno davvero dato il massimo: in piena zona desertica e con l’unica vicinanza di un lago ad alta concentrazione salina, il sistema idraulico è stato progettato per portare, convogliare e immagazzinare l’acqua a 400 metri di altezza, e non solo per le necessarie operazioni quotidiane di sostentamento e pulizia ma anche per alimentare un’imponente struttura termale.
Masada è ricordata per un eroico evento che avvenne nel 73 d.C. quando Erode il Grande era già bello che trapassato. La collina subì l’assalto delle truppe romane di Tito ma gli abitanti piuttosto che cedere nelle mani del nemico preferirono trovare la morte. Per rispettare la legge ebraica che vieta il suicidio si narra che ogni uomo si incaricò di uccidere la propria moglie e i figli e che vennero sorteggiati 10 uomini che dovevano uccidere tutti gli altri finché ne rimase uno che, o si suicidò, o fu il narratore della storia.
MONASTERO DELLE TENTAZIONI – GERICO
Riprendiamo la macchina, costeggiamo la riva occidentale del Mar Morto e dirigiamoci verso Gerico, forse la città più antica del mondo con 10.000 anni alle spalle (è in classifica con Damasco per il primato) e certamente la città più bassa esistente -240 m sotto il livello del mare).
Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, di’ che questi sassi diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Matteo 4,1)
Gesù, ricevuto il battesimo si recò nel deserto e qui dopo aver digiunato 40 giorni e 40 notti venne avvicinato da Satana che sfidò la sua fame proponendogli di trasformare la roccia in pane, di gettarsi dal punto più alto del Tempio per dimostrare di uscirne indenne e di essere a capo di tutti i regni del mondo. Nel punto cruciale di questo episodio biblico venne costruito un monastero. Su in cima ad una roccia – nominata Jebel Qarantal per ricordare i 40 giorni, appunto la quarantena – un’affascinante struttura ci ammalia. E’ il monastero delle Tentazioni, che domina il deserto. La funivia vi tenterà con la sua comodità, e con il caldo dell’estate non si può far altro che cedervi, ma noi siamo qui in inverno e saliamo a piedi con il sentiero che parte da sotto al monte e arriva in cima in meno di una mezz’oretta.
Lassù monaci ed eremiti vissero nel corso dei secoli per ripercorrere la volontà ferrea di Cristo, dapprima in grotte che poi vennero trasformate in celle e cappelle di un complesso monastico. La struttura odierna risale alla fine dell’800 ricostruita ad opera del Patriarcato greco-ortodosso poiché quella originale venne distrutta durante l’invasione persiana nel 614.
LUOGO DEL BATTESIMO
Nel nostro viaggio nel tempo e nella storia, torniamo quindi indietro di 40 giorni e affacciamoci alle rive del Giordano, dove Gesù ricevette il battesimo, oggi chiamato Qasr al-Yahud.
In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto». (Marco 1,9)
Le sue acque oggi, o perlomeno nel periodo del nostro viaggio, non sono molto invitanti: 100 sfumature di marrone portano al massimo ad allungare un braccio per toccare timidamente l’acqua pregando che non porti qualche malattia.

LAGO TIBERIADE
Non è certo questo il posto giusto per pescare. Per buttare le reti percorriamo 120 km a nord per arrivare al lago Tiberiade:
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. (Luca 5, 4)
Il ‘mare di Galilea’ ne ha viste passare parecchie di vicende, miracoli come se piovesse. Poco più grande del lago di Como, si trova in una depressione di circa 200 metri sotto il livello del mare.
Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare. I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: «È un fantasma» e si misero a gridare dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro: «Coraggio, sono io, non abbiate paura». (Matteo 14,25)
Purtroppo pare che fra un po’ di tempo anche i comuni mortali ci potranno camminare sopra perché è in atto un tragico processo di prosciugamento. Il governo israeliano sto portando avanti un progetto biblico di ‘riempimento’ del lago attraverso il pompaggio di acqua desalinizzata.
Con i piedi per terra raggiungiamo Cafarnao, un luogo che ha visto un concentrato di scene miracolose. Qui abitò Pietro e la zona archeologica è ben visibile al pellegrino che vuole rendere omaggio al capo degli apostoli. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce la casa del pescatore, che all’anagrafe si chiamava Simone e non Pietro – e che qui dimorava con la suocera – graziata da Gesù. Se, come in tutti i luoghi di pellegrinaggio, anche questo sito può diventare una sagra di confusione, basterà spostarsi nella scenografica chiesa ortodossa con le cupole rosse per trovare un momento di pace. La chiesa, dall’interno suggestivo, è racchiusa in un rilassante giardino sulla riva del lago ed è un luogo davvero speciale e raccolto.

Ritorniamo ai miracoli seguendone uno che ci è particolarmente simpatico e soprattutto di questi tempi di caro-spesa: la moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Gesù chiese loro: «Quanti pani avete?» Essi risposero: «Sette, e pochi pesciolini». Allora egli ordinò alla folla di accomodarsi per terra. Poi prese i sette pani e i pesci; e, dopo aver reso grazie, li spezzò e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. E tutti mangiarono e furono saziati; e, dei pezzi avanzati, si raccolsero sette panieri pieni. (Matteo 15,32)
La chiesa celebrativa è nel paesino di Tabga in un complesso che racchiude un suggestivo pavimento a mosaico e la cappella del Primato di Pietro che conserva la roccia della Mensa Christi dove vennero consumati i pani ed i pesci moltiplicati.

Saliamo al Monte delle Beatitudini dove Gesù tenne il ‘discorso della montagna’ una serie di dogmi da rispettare per seguire un modello di vita che tenda alla felicità e ci porti al cospetto del regno dei cieli. Leggiamo le beatitudini sulle vetrate della chiesa e ci rallegriamo delle nostre sfortune perché un giorno per noi si apriranno le porte del paradiso, sempre che siamo puri di spirito altrimenti rimarremmo sfigati anche nell’aldilà.
Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. (Matteo, 5,7)
NAZARETH
Riprendiamo il nostro viaggio e ci dirigiamo verso Nazareth, una cittadina anonima ma che ospita una grande chiesa costruita per custodire il luogo dove avvenne la miracolosa concezione e la relativa annunciazione. Davanti al piccolo spazio racchiuso tra tre mura antiche ci piace immaginare una giovane Maria con le gote leggermente arrossate che si ritrae timidamente un po’ spaventata dalle maestose ali dell’arcangelo Gabriele che le porge gigli rami d’ulivo e la lieta novella. Niente fasti, ori, preziosi tessuti né tantomeno il libro spesso rappresentato nell’arte, ma nuda pietra, un altare per ricordare il momento.
Tutt’intorno una monumentale basilica pronta ad accogliere i pellegrini, impreziosita da raffigurazioni moderne della Vergine proveniente da tutti i paesi del mondo.
CANA
Ci spostiamo a Cana, senza alcuna intenzione di convolare a giuste nozze.
Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le giare»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola» (Giovanni, 2,6)
Siamo all’interno del Santuario del Primo Segno di Gesù. Al silenzio degno del luogo si sostituisce la baraonda, qui peggio che in altri luoghi. Coppie che cercano di accaparrarsi la lunga vita del proprio matrimonio scrivendo i propri nomi sul certificato di ‘rinnovo delle promesse’ appoggiandosi sui banchi della chiesa come se compilassero un bollettino postale, per chiudere con l’immancabile foto con il sacerdote dietro all’altare. Scene da baraccone e sagra dell’ipocrisia che ci disturba non poco. Ci rintaniamo nel piccolo museo che raccoglie anfore dell’epoca che ci ricordano la trasformazione dell’acqua in vino per non fare brutta figura con gli invitati, un miracolo che ha sicuramente convinto molti scettici. Per un momento di raccoglimento ci rifugiamo nella chiesa ortodossa a pochi passi dal santuario. Qui non c’è nessuno e regna la pace, smaltiamo il bailamme tra gli sguardi enigmatici delle icone dorate.
MONTE TABOR
Giungiamo quasi alla fine del viaggio e ripercorriamo uno degli ultimi episodi prima della dipartita di Gesù verso Gerusalemme per salvare l’umanità. Su un’altura della Galilea, identificata probabilmente con il Monte Tabor, Gesù, davanti ai discepoli Pietro, Giovanni e Giacomo si fa luce, la sua figura si accende come un sole, le vesti diventano di un bianco accecante e accanto a lui compaiono come in un sogno Mosè ed Elia. I due poveretti devono essere stramazzati a terra increduli mentre dal cielo si elevava la voce tuonante di Dio che presentata sulla terra la divinità del figlio. E’ la Trasfigurazione, l’episodio che concede identità celeste a Gesù.
E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto”. (Luca 9, 27 – Matteo 17,1 – Marco 9,2)

La chiesa attuale a memoria dell’evento venne costruita negli anni venti del novecento e da lassù si gode un’ottima vista sul paesaggio di Galilea.
SAN GIOVANNI D’ACRI
Il viaggio nella storia della bibbia è agli sgoccioli: facciamo tappa a San Giovanni d’Acri, ultimo baluardo dei Crociati che difesero la Terrasanta dalle incursioni arabe fino al tracollo del 1291. Acri, o Akko, è un’interessante cittadina portuale stratificata sia dal punto di vista socio culturale che architettonico. Qui sono passati tutti: i persiani, Alessandro Magno, i greci, i romani, gli ottomani, i crociati. Persino Napoleone ci volle mettere lo zampino, senza riuscirci. Qui si stabilirono i crociati dell’ordine religioso degli Ospitalieri di San Giovanni, imparentati ma spesso antagonisti dei Cavalieri Templari, nati originariamente con la missione di prestare assistenza medica ai pellegrini cristiani diretti in Terrasanta, poi trasformatisi in guerrafondai. La visita consente di approfondire la conoscenza di quest’ordine cavalleresco (diventato poi noto come l’Ordine dei Cavalieri di Malta) e della ‘Cittadella’, la roccaforte dei cavalieri costituita da una fitta rete di corridoi sotterranei funzionali ai movimenti militari e al trasporto di merci verso il porto.
EPILOGO
Siamo definitivamente alla fine del nostro viaggio, chiudiamo il pesante volume delle sacre scritture e rilassiamoci sulla spiaggia di Tel Aviv a metabolizzare tutti gli incroci di storia che ci sono passati sulla testa.
Confesso, oh me irriverente, a voi pazienti lettori, che ho molto pensato…. pensieri, parole opere e poche omissioni, e non me ne faccio una colpa. E se tutta la storia fosse stata inventata? Se i luoghi fossero stati collettati ex post? No quello no, la base scientifica è solida, carbonio 14 alla mano, non si scappa. Non lo metto in dubbio, sono convinta che i personaggi siano tutti reali, poveri cristi realmente esistiti. Magari si è un po’ esagerato con la provvidenza, la natura umana ha primordiale bisogno di credere a qualcosa di superiore. Del resto si sa, la Chiesa è la massima esperta di marketing, con una consolidata e comprovata esperienza di 2000 anni. Tanto di cappello alla genialità.
Ognuno ci metta del suo. A me basterebbe che la pace fosse con noi. Sarebbe cosa buona e giusta.
