di Francesca Orioli
Gennaio 2018
Napoli svelata? No, al turista di passaggio Napoli non svela la sua anima, la sua filosofia un po’ scugnizza risulta poco comprensibile al forestiero, specie se il viandante proviene dal nord. E’ una città che si ama o si odia al primo impatto, non bisogna perdere tempo a capirla, causa persa. Al turista è concesso però di avventurarsi nel suo ventre, negli affascinanti sotterranei, l’oscuro negativo della città che si contrappone ai variopinti e chiassosi quartieri della superficie.
Ci sono almeno tre modi per inoltrasi, con una guida specializzata, nei sotterranei:
- con l’associazione Napoli Sotterranea (informazioni sul sito napolisotterranea.org)
- visitare il Tunnel-Galleria Borbonica (galleriaborbonica.com)
- vedere gli scavi di San Lorenzo Maggiore con Neapolis Sotterrata (laneapolissotterrata.it)
Io ho visitato i primi due e li consiglio tantissimo.
NAPOLI SOTTERRANEA
L’ingresso è in piazza San Gaetano su Via dei Tribunali. Ci presentiamo in coda alle 9,15 e nell’attesa ci viene subito suggerito di fare silenzio perché “è prestissimo, qui signori siamo nel profondo sud, la gente dorme ancora” ci dicono. Tutti zitti e mosca entriamo di li a poco perché l’associazione ha deciso, forse nottetempo, di anticipare di mezz’ora l’inizio delle visite. Scendiamo di circa 130 scalini a 40 metri nel sottosuolo, ci troviamo in ampi spazi scavati dagli antichi Greci per ricavare il tufo necessario a costruire la città soprastante. L’arrivo dei Romani, maniaci di acquedotti, ha visto la trasformazione degli spazi vuoti in enormi cisterne indispensabili alla città.
Gli ambienti sono illuminati da una luce fioca, le pareti abbastanza alte anche se, ci viene spiegato, lo erano molto di più, prima che nel corso dei secoli venisse riversato qui sotto molto materiale di risulta. Insomma sotto di noi monnezza, ma vi garantisco è molto più pulito quaggiù che in diversi quartieri della superficie. Si percorrono corridoi stretti circa 70 cm che hanno permesso nei secoli il defluire dell’acqua. Il percorso più impervio, ma facoltativo, consiste nell’attraversare un tunnel largo solo 50 cm ma molto alto: si cammina di traverso con una candela (a pile) in mano fino a raggiungere una vasca con l’acqua oggi riempita artificialmente per dare l’idea delle cisterne in funzione. E’ l’ambiente sicuramente più suggestivo anche grazie ad una curata illuminazione.
Durante la seconda guerra mondiale gli spazi sono stati utilizzati come rifugi antiaerei, si vedono ancora i bagni ricavati all’interno, molti oggetti di uso quotidiano e qualche munizione bellica esposta a museo.
Percorrere questi luoghi significa anche imbattersi in storie, leggende e detti popolari. Si fa la conoscenza de ‘O’ Monaciello’, il pozzaro addetto alle cisterne che, col cappuccio in testa, risaliva i turbinati dei sotterranei ritrovandosi direttamente nelle abitazioni dove, si narra, incontrava le padrone di casa annoiate e disponibili a qualche diversivo in cambio di suppellettili o monili che il monaciello aveva rubato in qualche altra casa.
Tra gli oggetti rinvenuti c’è il vaso da notte, il ‘cantaro’ che secondo un detto napoletano individua anche un nullafacente: se te ne stai con le mani in mano ti meriti un bel ‘me pari o’ cantaro’.

Si visita la cantina, posta appena sotto la chiesa di San Gregorio Armeno, dove le suore producevano il Tufello, il vino invecchiato tra le pareti di tufo. Si narra che sopra in superficie, a pochi passi dalla chiesa di Santa Patrizia, seconda patrona della città e protettrice delle partorienti, si concentrasse un’alta natalità. I malpensanti tramandano che nella cantina in realtà si producessero ben altri effluvi, vista la presenza di scale che collegavano la cantina delle suore con il convento dei frati, Oggi le scale sono state chiuse come le bocche delle malelingue e Santa Patrizia continua a dispensare provvidenze alle aspiranti partorienti.
Nel corso della visita si entra, risalendo momentaneamente in superficie, in una tipica casa napoletana, il ‘basso’ posta al piano terra. Con teatralità partenopea viene spostato un letto ed ecco che compare una botola, attraverso la quale si scende nella cantina della vecchia proprietaria e si arriva nientemeno che nei resti di un antichissimo teatro dove anche lo stonatissimo Nerone si esibiva nel 64 d.C..

Una parte dell’anfiteatro oggi raccoglie tabernacoli con presepi tradizionali nei quali la nascita del bambin Gesù è solo una scusa per sfoggiare le radici partenopee con statuine intente ai mestieri quotidiani incorniciate in ambientazioni neoclassiche e qualche pulcinella che si intromette nelle scene. Il tutto ovviamente con dimensioni incompatibili ad un monolocale. Nello stesso ambiente, per accentuare il profano e la napoletanità, non manca chi sforna e vende pizze a portafoglio. Che io ovviamente ho comprato e mangiato.

GALLERIA BORBONICA
Gli ingressi per la galleria borbonica si trovano nei dintorni di piazza del Plebiscito e sono indicati sul sito dedicato. Non si visita soltanto il tunnel ma anche gli ambienti ricavati nelle cave di tufo, che hanno avuto un vissuto simile ai precedenti. Se la visita guidata a ‘Napoli sotterranea’ mi ha più affascinato soprattutto per la presenza dell’acqua che fa molto atmosfera (e innegabilmente perché è stato il primo impatto con i misteriosi bassifondi e relative storie), il percorso annesso alla galleria borbonica coinvolge per l’attinenza con la storia più recente.
Il tunnel borbonico è una galleria militare che collegava la residenza di re Ferdinando II con le caserme per consentire una via di fuga in caso di necessità. Avrebbe dovuto essere enorme, larga ben 12 metri con botteghe e attività da finanziarsi con soldi pubblici. Poi il progetto è stato notevolmente ridimensionato sia per le tecniche di lavorazione, lo scalpello in fondo era tutto ciò di cui si disponeva, sia per la necessità di non smantellare le cisterne e le vie d’acqua. Per fortuna, perché il tunnel non fu mai utilizzato: il re morì nel 1859 e due anni dopo venne dichiarato il regno d’Italia.
Il resto della visita ripercorre la storia delle stratificazioni: cave greche per ricavarne blocchi di tufo, acquedotto e cisterne ai tempi dei Romani, discarica, ricovero bellico e infine deposito giudiziario negli anni 50-70 del novecento.
Durante questa visita viene dato molto spazio al periodo bellico: storie di vita durante i bombardamenti divulgati grazie a testimonianze di persone ancora vive che raccontano i retroscena delle scritte sui muri ancora ben visibili e rammentano momenti di convivialità regalati da una semplice caffettiera. Sono stati ritrovati letti in legno e cuoio corrosi dall’umidità che qui raggiunge il 95-99%, strumenti medici di primo soccorso come uno sterilizzatore per siringhe e molti giocattoli per bambini. Qui i bagni sono molto numerosi e anche moderni: water in ceramica Ginori sono serviti ad oltre 5000 persone del quartiere Monte di Dio qui rifugiate. Una sirena in funzione tenta di far rivivere l’allarme ai tempi del terrore bellico e la luce fissa o intermittente delle piccole lampadine a 12 volt dichiarava finito o ancora in corso il bombardamento.
Fotogenici rottami di auto e vespe sequestrate perché truccate accompagnano il visitatore verso l’uscita, dove attende un curioso negozietto di presunti oggetti d’epoca a prezzi a dir poco irrisori.
Prima del varco di uscita è stata allestita una saletta racchiusa tra le pareti di tufo: in base alle informazioni trovate sul sito qui si svolgono periodicamente concerti di musica classica, gospel, serate swing etc… Beh quando tornerò a Napoli cercherò di prendervi parte, dev’essere un’esperienza davvero incantevole ed emozionante.