di Francesca Orioli
Gennaio 2018
Due gioielli partenopei da non perdere: il Cimitero delle Fontanelle e la Farmacia degli Incurabili
Vedi Napoli e poi…ci torni. La morte la si può al massimo sdrammatizzare al Cimitero delle Fontanelle o scongiurare nella Farmacia degli Incurabili: due luoghi che mescolano credenze sacre e profane che non possono mancare in una visita alla sorprendente Napoli. Questi due simboli delle tradizioni partenopee sono accomunati da un elemento che li fa rendere ancora più apprezzabili: nascono entrambi per essere dedicati alla povera gente, a chi che non aveva mezzi economici per curarsi o per avere degna sepoltura.
CIMITERO DELLE FONTANELLE
Il cimitero delle Fontanelle si trova nel famoso Rione Sanità, a nord del centro storico. E’ un luogo strano, un ossario di 3000 metri quadrati in cave di tufo, a metà tra il macabro e il tragicomico. In questo posto, un concentrato di teschi racconta di superstizioni che hanno dell’incredibile. ‘O Campusanto d’e Funtanelle, così chiamato perché in tempi antichi sgorgava l’acqua, era il cimitero dei nullatenenti, soprattutto vittime della peste del seicento e del colera dell’ottocento. Ossa anonime che divennero protagonisti dalla seconda metà dell’ottocento del culto delle ‘anime pezzentelle’: i vivi si recavano al camposanto e sceglievano un teschio, guidati da apparizioni nei sogni, lo adottavano e gli offrivano cure premurose. Il cranio prescelto (capuzzella) diventava membro della famiglia, veniva pulito e lucidato, sistemato su un cuscino ricamato e ornato di lumini e rosari. All’anima sconosciuta, che si riteneva stesse vagando per il purgatorio, si rivolgevano preghiere che l’aiutassero nella conquista del paradiso.

Tutta questa devozione non era senza interesse: l’anima vagabonda doveva, in cambio di cotanta attenzione, concedere una ‘grazia’, un qualche favore,una sequenza vincente dei numeri del lotto. E se la capuzzella faceva il suo dovere le veniva costruita una vera e propria casetta in legno, la scarabattola, sulla quale si incideva il nome dell’adottante e la dedica ‘per grazia ricevuta’. Non si costruivano lapidi perché le anime dovevano essere libere di comparire in sogno, unico mezzo di comunicazione tra i vivi e i morti. Ma se la pezzentella non elargiva i dovuti favori? Minimo veniva abbandonata e al sospetto che in vita l’adottato fosse stato ‘o fetente, il teschio veniva girato verso il muro cosicché nessuno l’avrebbe più adottato.

Il cimitero divenne un luogo così intriso di superstizione pagana che il tribunale ecclesiastico di Napoli proibì nel 1969 il culto delle anime pezzentelle perché i sedicenti fedeli si riversavano qui lasciando deserte le chiese. Cominciò da allora un allentamento della curiosa tradizione, il luogo venne abbandonato e scivolò nel dimenticatoio finché nel 2010 su insistenza della popolazione del quartiere Sanità e dopo i necessari lavori di messa in sicurezza, venne riaperto al pubblico.
La visita è gratuita, il custode all’ingresso vi racconterà qualche aneddoto che accalappierà la vostra attenzione e gli farà meritare una piccola mancia: dalla figura de o’ schiattamuorto, il becchino che schiacciava i morti negli scolatoi per farne uscire i liquidi e accelerarne la decomposizione, di come il culto si propagò durante la seconda guerra mondiale perché la popolazione qui rifugiata non riuscendo più a chiedere aiuto ai vivi si rivolgeva ai coinquilini defunti e di come sia ancora viva la tradizione di lasciare un oggetto di uso quotidiano, anche un biglietto dei mezzi pubblici, vicino alla capuzzella più simpatica.
Si può prendere parte a visite guidate più approfondite organizzate su vari siti facilmente individuabili su web come www.cimiterofontanelle.com e www.catacombedinapoli.it.
Vale la pena farsi una passeggiata per il pittoresco Rione Sanità: con visita guidata o senza ma comunque standovene accuorti perché come ci ha detto una signora del luogo ‘a Napoli ci sta tanta brava gente ma ci sta anche il malamente’. Da non perdere due palazzi dall’architettura affascinante: Palazzo Sanfelice e il Palazzo dello Spagnuolo con le loro scalinate ‘ad ali di falco’: il primo dal fascino decadente, il secondo fotogenicamente illuminato alle prime luci della sera.

Vale un giro la chiesa di Santa Maria della Sanità, la cripta di San Gaudioso e la basilica di San Gennaro Extra Moenia. Fatevi incuriosire, mentre passeggiate tra le bancarelle e i negozietti di roba a poco prezzo, dal condominio incastrato sotto gli archi di un viadotto in barba ad ogni piano regolatore. Imprescindibile e meritata una tappa alla pasticceria Poppella, un gioiello di locale tra le case sgarrupate con babà, nuvole, sfogliatelle e fiocchi da favola.

FARMACIA DEGLI INCURABILI
La farmacia degli incurabili è parte del Complesso di Santa Maria del Popolo degli Incurabili, l’ospedale, tuttora in funzione, sorto nel 1522 come ex voto della nobildonna Maria Lorenza Longo per assistere la povera gente, quelli che per mancanza di risorse economiche non potevano essere curati altrove, spesso colpiti dalla sifilide, all’epoca sconosciuta e quindi incurabile. Eppure a dispetto del nome, le misture di erbe e preparati chimici riuscirono a portare il sanatorio all’avanguardia in fatto di cura delle malattie, sifilide compresa.
La Farmacia capolavoro barocco-rococò deriva dalla ristrutturazione della spezieria cinquecentesca grazie ai lasciti del giurista-magistrato Antonio Magiocca. La scala magnificente introduce alla ricchezza dell’interno e alla bellezza artistica del luogo perché ‘il bello non guarisce ma aiuta a stare bene”.
L’occhio del visitatore è rapito da scaffali in radica di noce che custodiscono oltre 400 vasi in ceramica finemente dipinta (dagli stessi superbi artigiani delle maioliche del chiostro di Santa Chiara) tutti diversi tra loro e dal massiccio tavolo per le preparazioni. Il soffitto sovrasta l’ambiente con una scena dell’Iliade di Macaone che cura Menelao.
Ad incuriosire è una grande urna marmorea utilizzata per la ‘Teriaca’ la leggendaria preparazione a metà strada tra medicina e alchimia: l’antico antidoto dalle presunte virtù miracolose preparato con oppio, carne e pelle di vipera, mirra, polvere di mummia e una lista lunghissima di altri ingredienti in dose q.b. in grado di curare qualsiasi male. L’incrocio tra razionalità e misticismo che pervade in questo luogo va di pari passo con il propagarsi della massoneria napoletana che scelse la farmacia come sede della propria associazione e la invase di propri simboli.
Nelle due sale della farmacia si è catturati dall’allegoria dell’utero virginale e dell’utero sezionato da taglio cesareo, da leggersi anche come l’utero che può procreare e l’utero interrotto da zampe che ne impediscono la naturale funzione. Nel complesso degli Incurabili era allestita una sala parto nella quale veniva garantito l’anonimato. Molte erano le prostitute che partorivano qui o che qui erano ricoverate per sifilide: una volta guarite spesso rimanevano a lavorare per l’ospedale come infermiere. Visitando il chiostro si possono notare lle lunette che indicano i reparti specialistici: poiché l’ospedale era dedicato ai ceti più bassi non poteva essere utilizzata la scrittura pertanto si disegnavano immagini bibliche che rimandassero agli ambulatori di cura.

Parte del complesso oggi è dedicato al museo di arti sanitarie dove sono esposti strumenti medici d’epoca di straordinaria fattura artigianale, ferri antichi e stampe anatomiche.
La visita alla Farmacia e al Museo è ad opera dei volontari dell’Associazione il Faro di Ippocrate, tutti i riferimenti per le prenotazioni su www.museoartisanitarie.it. Non sono consentite fotografie all’interno.
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