di Francesca Orioli
Una passeggiata sulle mura di Ferrara, luogo simbolo dove scorre la vita più autentica della città estense. Un giardino verde di 9 km che racconta la storia della città, una preziosa testimonianza dell’evoluzione delle tecniche difensive militari. Da percorrere a piedi – in cima al terrapieno, o in bicicletta – lungo il sottomura.
Driiiin…Pronto Fidalma, sono l’Odisma. E’ una bella giornata, dai andiamo in s’la mura.
Mo ciao Odisma! E’ una bella idea, ma non posso, devo tirare la sfoglia per i cappellacci. C’ho la Gledys a pranzo domenica.
Non fare la ghignosa, lascia li di bambanare, appendi il mattarello al chiodo e ordina alla pasta fresca. Dai preparati che fra mezz’ora ti passo a prendere. In televisione hanno parlato della storia delle mura ad Frara, ho imparato un sacco di cose, ho preso appunti sai, e te le devo raccontare tutte. Qui da noi è passata la storia vè!
Ben ben, dai pur, mollo baracca e burattini e vengo con te. Così imparo qualcosa!
Partiamo da qui, Fidalma, dal Torrione di San Giovanni. Potremmo andare in bici, ma facciamolo a piedi il giro oggi, che digeriamo la salamina da sugo e assaporiamo ancora di più questo museo all’aperto. E guarda quanto è bello questo torrione, tondo che più tondo non si può. Quello lì in televisione, il figlio di Piero Angela- momama cum l’è brav -ha detto che è stato costruito negli ultimi anni del 1400, perché qui c’era Porta di San Giovanni Battista e il torrione serviva per la sua difesa. Era merlato sopra così tra un merlo e l’altro ci mettevano i cannoni per colpire i veneziani che erano i principali nemici degli Estensi. Poi quando nel settecento non servì più per scopi difensivi divenne deposito delle armi, poi polveriera e nell’ottocento addirittura il canile comunale. Pensa che con l’alluvione del 1705 l’acqua è arrivata fino al primo piano. Comunque adesso è sede del Jazz Club di Ferrara, vengono anche da New York per suonare qui, sai? E’ un posto vip! Una sera ci vestiamo chiffon e facciamo serata.
Andiamo avanti che siamo solo all’inizio e ci aspettano 9 km di camminata. Stasera tuo marito con la cena si arrangia!
Guarda che bel viale, qui la gente corre, va a passeggio, ammira Ferrara dentro e fuori. Butta l’occhio lì, al cimitero ebraico, guarda là che si vede la tomba di Bassani. Poi qui ci sono gli ‘orti’, cinque ettari di verde dentro le mura di proprietà del Comune adibiti a culture biologiche e attività educative per i bambini. Dimmi te dove trovi un altro posto così nella pancia di una città. Ah Frara lè propria bèla!
Tutta questa parte di città la chiamano Addizione Erculea, l’ho scritto qui sul notes. Non è mica una parolaccia eh, si chiama così perché a volerla fu il duca Ercole I d’Este che ingaggiò l’architetto Biagio Rossetti. Ferrara è stata la prima città rinascimentale d’Europa lo sapevi?Altro che ultima ruota del carro. Quegli Estensi li erano avanti, peccato che facevano i signori sulla pelle dei cittadini. E’ sempre così, ma almeno favorivano l’arte e la cultura.
Qui vedi che le mura hanno delle strutture difensive rotonde? Imprimitele bene in mente che dopo quando arriviamo più avanti le vedrai a punta, come l’asso di picche quando vai a giocare a burraco con Poldo e Pernobe. Questa è la parte più antica, poi gli strateghi militari hanno capito che era meglio farle a forma di picca perché i colpi incrociati venivano meglio.
Eccoci alla Casa del boia. Ma bada che solo noi ferraresi la definiamo così: in realtà si chiama la Porta degli Angeli. Riusciamo a trasformare il paradiso in inferno in un battibaleno! Questa struttura, progettata da quell’architetto di grido, aveva funzione di torre di guardia nel cinquecento, poi via via anche questo luogo perse il suo ruolo difensivo e divenne prima deposito di armi, poi magazzino e infine macello di maiali, da cui forse deriva il tetro nome che gli abbiamo appioppato. Pensa che dal 1945 al 1984 è stata perfino abitata, questo non l’ha detto Alberto Angela ma mia zia Dencleres buonanima che aveva conosciuto la famiglia di falegnami che stava li: pare che nel corso dei restauri abbiano lasciato dentro le piastrelle di ceramica proprio per testimoniare le mille vicissitudini di questo posto. E tu che ti stimi ad abitare in una villetta a Borgopunta, puàh!
Vedi questo? E’ il Torrione del Barco, esempio di architettura militare all’avanguardia che delimitava la tenuta di caccia degli Estensi – quello che oggi è il parco urbano dedicato a Bassani. Da qui anche le mura hanno un’altra storia. Non sono più parte dell’estensione della città voluta da Ercole I ma siamo in un periodo successivo, facciamo un balzo al 1598 quando siamo finiti sotto lo Stato Pontificio perché il duca Alfonso II d’Este non ebbe figli legittimi per mandare avanti la baracca e il papa ne approfittò per prendersi il ducato. Diventando Ferrara città di confine dello Stato Pontificio, da Roma decisero che erano necessarie maggiori fortificazioni. Venne ordinato di abbattere tutto quello che c’era in questa zona per costruire una fortezza a forma di stella pentagonale.
Buttarono giù tutto senza pietà in nome della protezione della Chiesa: il convento dei Cappuccini, le chiese dei Servi di Dio del trecento, sontuosi palazzi degli Estensi, tra cui la preziosa Delizia di Belfiore residenza estense con affreschi di Cosmè Tura, Francesco del Cossa ed Ercole de Roberti, i maggiori artisti ferraresi. Che demoni! Profondamente odiata dai ferraresi perché simbolo di oppressione, la Fortezza venne abbattuta a metà ottocento come senso di liberazione dopo l’annessione di Ferrara al nascente Regno d’Italia. Oggi rimangono soltanto i baluardi a forma di freccia di Santa Maria e di San Paolo.
Non sarai mica stufa? Dai che scendiamo e andiamo a prendere il gelato all’acquedotto. Sai, questo monumento l’hanno costruito negli anni ‘30, periodo di esaltazione dell’imponenza e di ripresa degli schemi classici. Una struttura utile e pratica, e molto all’avanguardia per l’epoca: il serbatoio di 2500 metri cubi era il più grande d’Italia e lo hanno inserito in una struttura ‘mistica’: 12 lati e 12 colonne alte 12 metri, tanto per ingraziarsi il cielo con il numero sacro. Il tutto coronato da una monumentale statua che rappresenta il Po con i suoi affluenti. Il progettista si è ispirato ai templi cinquecenteschi. Ti ricordi quel quadro di Raffaello che abbiamo visto a Brera quando siamo andate in gita col prete? Lo Sposalizio della Vergine: ecco, ci assomiglia.
Adesso che ci siamo rifocillate proseguiamo la nostra passeggiata, dai che domattina ti aiuto io a fare i cappellacci per la Gledys. Arriviamo a Porta Paola – anno di costruzione 1612 -nessuno la chiama così, forse perché dedicata a quel Paolo V tanto odiato che ha buttato già mezza Ferrara per fare la fortezza che ti dicevo. Qui le mura risalgono ai tempi di Alfonso II, quindi torniamo al 1575-1585, quando il duca, l’ultimo degli Estensi a Ferrara, decise di rafforzare le preesistenti mura difensive. Passiamo al Baluardo dell’Amore che, posto a difesa della Porta dell’Amore, non faceva uscire propriamente fiori dai cannoni.
Saliamo sul Montagnone di San Giorgio. Anche qui dove adesso mettono le giostre per la fiera era una zona difensiva della città: c’era da difendere Porta San Giorgio. Di fianco c’è un’altra delizia ferrarese cinquecentesca: i Bagni Ducali, dapprima palazzina di svago degli estensi circondata da un boschetto con piante e animali esotici poi luogo delle abluzioni dei duchi. Però non è visitabile, peccato, ci sono degli uffici del Comune.
Da qui le mura sono quelle dell’epoca di Alfonso I – quindi facciamo un altro passo indietro al 1512-1518. I bastioni qui sono a forma di freccia perché Alfonso I, come esperto di artiglieria, riteneva che i lanci dei cannoni a quel tempo disegnassero una linea retta anziché una linea curva. Non ho proprio ben capito la dinamica che ci sta dietro ma fidati. Esempio sopravvissuto è il baluardo di San Tommaso, struttura difensiva della parte sud-orientale della città. E qui vicino c’è il doccile di San Tommaso, un canale di scolo settecentesco, parte del sistema fognario che portava le acque reflue fuori le mura della città.
Dai Fidalma, ultimo sforzo. Butta un occhio alla Prospettiva su corso Giovecca: lo so che ogni volta che passi qua sotto con la macchina o la bici ti di domandi che cavolo di giro dell’oca ti fanno fare, ma ammetti che sto piazzale l’hanno rivalutato per bene. Ma noi proseguiamo oltre, dai che ci manca l’ultimo chilometro e siamo di nuovo a San Giovanni.
Allora ti è piaciuto il giro?
Brava Odisma, ho il fiatone ma è stato proprio un bel giro, abbiamo fatto le turiste a casa nostra. Si, l’è propria bela Frara. Dai vieni anche te a pranzo da me domenica, oltre ai cappellacci ti faccio anche la zuppa inglese. Te la meriti.
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