10 GIORNI IN IRAN: TOUR CLASSICO PER UN PRIMO APPROCCIO

di Francesca Orioli
Aprile 2019

Un tour tra le storiche città dell’Iran da Shiraz a Tehran in 10 giorni toccando Yazd, i margini del deserto a Varzeneh, Ishfan e Kashan. Grandi bellezze e grande spirito di ospitalità del popolo persiano

Periodo: la primavera dovrebbe essere il periodo migliore, il clima è buono e i giardini cominciano a fiorire. D’ inverno può fare molto freddo e in estate ci si scioglie dal caldo.

Spostamenti: c’è un buon sistema di trasporto pubblico con bus tra le principali città per cui il viaggio può essere organizzato in autonomia. Noi per una questione di tempo-tiranno abbiamo optato per gli spostamenti in auto con autista appoggiandoci all’agenzia Tehran Sito Travel, il proprietario Hamed parla bene l’italiano è anche il sito è tutto in Italiano (www.persiansitotravel.com/)

Alberghi: non c’è un sistema come booking, anche perchè le carte di credito internazionali non sono accettate, per le prenotazioni bisogna contattare per mail direttamente le strutture. Ma attenzione aprile è altissima stagione il fai da te può essere rischioso perché le strutture sono prenotate dalle agenzie (in altri periodi in bassa stagione è sicuramente più fattibile). Noi alla fine ci siamo appoggiati anche per gli alberghi all’agenzia di Tehran Sito Travel.

Visto: chi ne ha la possibilità può andare al consolato a Milano in via Monte Bianco e farlo li altrimenti si fa direttamente in aeroporto all’arrivo. È consigliato farsi fare una lettera d’invito dall’agenzia con codice a barre (costo 20-30 euro) e sembra obbligatoria anche una assicurazione sanitaria (ho richiesto a europassistance di rilasciarmi una dichiarazione di copertura in inglese). In realtà all’arrivo a Shiraz non mi è stato richiesto nulla, è bastato pagare i 70 euro più commissione a testa. Un signore in fila con noi non aveva né lettera dell’agenzia né assicurazione e ha avuto il visto senza problemi. Dovessi tornare rifarei comunque la procedura con agenzia o visto prima di partire non rischierei, non si sa mai, poi magari all’aeroporto di Tehran è diverso.

Soldi costi e cambio: Capire il prezzo delle cose in Iran è la cosa più impegnativa del viaggio. Innanzitutto non sai mai se parlano di Rial o Toman (10 rial). Al momento del nostro viaggio il cambio ufficiale da internet dava 1 euro= 50.000 rial, nell’effettivo abbiamo cambiato mediamente a 150.000 rial. Per noi rimane un mistero. A Shiraz abbiamo cambiato in aeroporto (neanche male), in centro città a Shiraz in Karim Khan Zand Blv,  a Tehran in via Ferdowsi (metro rossa Panzdah-e Khordar).

Telefono: acquistare una sim card iraniana è facilissimo (almeno a Shiraz e Tehran) e viene attivata subito, il costo è di 1,5 milioni di rial, ricarica 150.000 rial.

Chiusure del venerdi: nella programmazione del viaggio va tenuto conto che alcuni siti e i bazar al venerdi sono chiusi.

Cibo: carne, carne e carne. Pollo agnello e montone se vi va bene, frattaglie alla peggio. Ogni tanto falafel, rigorosamente fritte. Vita dura per i vegetariani, forse impossibile per i vegani.

Mezzi a Tehran: ci si muove bene con la metropolitana che è economicissima. E’ un ambiente curioso: le donne salgono quasi tutte nella carrozza riservata, nelle restanti 99% passeggeri uomini e venditori ambulanti, spesso molto affollata. Per l’aeroporto ci arriva la metro ma fa orario limitato: alle 8 di sera alla fermata prima del cambio con la linea 8 ci hanno scaricato e da li si prende il taxi per gli ulteriori 30 km.

1° Giorno: SHIRAZ

Il nostro tour comincia da sud per opportunità di voli. Dall’aeroporto di Shiraz al centro città ci sono una decina di chilometri, il taxi ci ha preso 300.000 rial. Shiraz è una città moderna, la metropolitana c’è ma ancora molte zone non sono servite. Il primo giorno visitiamo il centro a piedi: cominciamo con la fortezza Arg-e Karim Khan con le sue 4 torri di cui una stortissima perché sprofondata nel terreno.

Shiraz fortezza Arg-e Karim Khan

Poi, attraversando il bazar ancora chiuso (non c’è movimento prima delle 9 in genere) visitiamo la scuola coranica Madraseh-ye Khan, un po’ malmessa ma che rende l’idea al viaggiatore appena arrivato (per chi è a fine viaggio forse si può evitare). Arriviamo poi al mausoleo Shah Cheragh dove ci fanno attendere all’ingresso per una visita accompagnata in quanto siamo stranieri. Mi viene dato un chador rosa modello lenzuolo della nonna e una ragazza ci guida raccontandoci dei fratelli Ahmad e Muhammad Sayyid qui sepolti nel XII secolo: il santuario, più volte rimaneggiato e ricostruito, spicca per la sua cupola in maiolica azzurra e gli interni (almeno quelli in cui ci è permesso entrare) in scintillanti vetri a specchio. Qui si possono fare solo foto con il cellulare, niente fotocamera per non disturbare eccessivamente Allah con i nostri pusillanimi passatempi terreni. La visita è gratuita, insistiamo per lasciare una mancia ma la nostra accompagnatrice ci dice di essere una volontaria. Solo più avanti impariamo ad insistere qualche volta in più. Poi andiamo alla moschea Nasir-Al-Molk: i magici giochi di luce che si creano all’interno attraverso le vetrate colorate (orario migliore verso le 11 del mattino) ci fanno inizialmente distrarre dalla ricercatezza delle maioliche in tonalità rosa del soffitto e delle pareti esterne nel cortile.

Shiraz Moschea Nasir-al-Molk

Visitiamo il giardino Narajestan con alberi di arance, una lunga vasca dell’acqua e il padiglione con interni di specchi. Poi raggiungiamo il Vakil Bath, un bell’esempio di hammam risalente al 1760 ai tempi di dello Scià Karim Khan della dinastia Zand ma ne vedremo di migliori in seguito; all’interno dei manichini aiutano a capire come si svolgevano le attività. A fianco la bellissima Moschea Vakil con maioliche sui toni del rosa giallo e azzurro all’esterno ed eleganti colonne in pietra nella sala della preghiera.

Ci infiliamo poi nel bazar Vakil e tutti i bazar annessi pullulanti di gente: infinite bancarelle con ogni genere di mercanzia, sia ‘da turisti’ (collane, borse in pelle, vasellame e monili vari) che generi di utilità quotidiana.

Pernottamento: Hotel Karim Khan, ottimo e molto pulito – Cena: al Seray-e Mehr Teahouse all’interno del Bazar Vakil, molto buono

2° Giorno: SHIRAZ- PERSEPOLI

Primo giorno con autista a disposizione. Ci facciamo accompagnare nei punti più lontani dal centro di Shiraz: l’Eram Garden, carino ma niente di strabiliante, la tomba del poeta Hafez con il sarcofago in marmo sul quale tutti lasciano una carezza e il mausoleo del poeta Sa’di.

Lasciamo Shiraz, direzione Persepoli. Prima del mitico sito archeologico ci fermiamo a Naqsh-e-Rostam, il complesso di tombe scavate nella roccia di Dario I, Dario II, Serse I e Antaserse I, impressionanti per la posizione e magnifiche per i bassorilievi che commemorano l’assoggettamento delle nazioni conquistate dall’impero persiano. Poco distanti le tombe Naqsh-e Rajab meno imponenti ma con bassorilievi pregevoli. E poi Persepoli.

Persepoli

Le aspettative erano altissime, tant’è che abbiamo voluto già in partenza investirci un po’ scegliendo di pernottare nei pressi delle rovine per ammirarle con la luce del tramonto e con i primi raggi del mattino successivo prima dell’arrivo della folla di turisti. All’arrivo, onestamente rimaniamo un pochino delusi: forse abbiamo esagerato? Il colpo d’occhio generale non è così sbalorditivo. Ma è bastata una buona guida (prenotabili all’ingresso, anche in italiano) che ci ha fatto notare un sacco di particolari per farci innamorare del posto. Non plus ultra all’interno c’è un servizio di maschere 3D che proietta come doveva essere il palazzo prima della distruzione da parte di Alessandro Magno. Consigliatissimo: regala una prospettiva davvero inimmaginabile.

Pernottamento: Apadana Hotel, pulito, un po’ decadente, a pochi passi dalle rovine

3° Giorno: PERSEPOLI-PASARGADE-YAZD

Il nostro desiderio di fotografare la Porta delle Nazioni di Persepoli senza anima viva è stato esaudito. Alle 8 spaccate entriamo e ci godiamo i primi minuti in assenza di esseri umani: la magnifica Persepoli è nostra. Qualcuno arriva, ma poca roba, le scamionate di turisti riversate dai pullman sono ancora a far colazione e noi ci godiamo un’altra oretta di Persepoli in una pace paradisiaca.

Poi saliamo in macchina fino a Pasargade, la prima capitale dell’impero achemenide fondata da Ciro il Grande nel 546 a.C. Oltre alla monumentale tomba del fondatore e ad un pregevole bassorilievo del guardiano del cancello, ci vuole un notevole sforzo di fantasia per ricostruire mentalmente l’antica città, i cui resti sono disseminati in una vasta area pianeggiante (circola la navetta all’interno). Proseguiamo per Yazd, le strade sono buone, il paesaggio brullo a tratti montuoso a tratti desertico. Prima dell’ingresso in città ci fermiamo alle Torri del Silenzio, un luogo ventoso e surreale. Costruzioni in fango sono adagiate ai piedi di due colline sormontate da strutture circolari dove venivano lasciati i defunti affinché venissero divorati dagli uccelli secondo il rito di purificazione zoroastriano, l’antica religione persiana prima della conquista araba, particolarmente sentita nella città di Yazd. Un luogo davvero speciale.

Yazd Torri del silenzio

Arriviamo in città, il grande palazzo a nido d’ape del complesso Amir Chakhmaq è protagonista assoluto delle nostre foto al tramonto (il momento migliore). Poi ci fiondiamo nell’antica cisterna Saheb A Zaman a due passi dall’Amir Chakhmaq per assistere all’allenamento di forzuti di ogni età e fisico noto come lo Zurkhanen, l’antica disciplina persiana che coniuga sport di forza e principi morali: ‘impara la modestia se vuoi la conoscenza, un altopiano non sarà mai irrigato da un fiume’ è il motto che recitano ad ogni sessione di gara o allenamento.Nel pozzo ottogonale della cisterna gli atleti si riscaldano,  tutt’intorno siedono i visitatori. All’inizio sembra un po’ noioso, ma è solo la fase di riscaldamento, poi, tra un sottofondo di nenie recitate e tamburi, l’allenamento si sviluppa in un susseguirsi di volteggiare di clave, sollevamento di catene in aria e piroette. Alcuni si distinguono per bravura e passione, altri, che a vederli con i loro addominali da tavola non gli daresti due lire, sfoggiano una leggerezza da libellula che lascia sbalorditi. Un originale ‘spettacolo’ a cui assistere, info sul sito http://www.zurkhanehsahebalzaman.ir/en/Visit.html.

Yazd complesso Amir Chakhmaq

Pernottamento: Mehr Hotel, ottimo – Cena: Silk Road Hotel Restaurant, direi buono senza troppa gloria, del resto in centro abbiamo visto solo gran fast food con abbondanza di fritto.

4° Giorno: YAZD

Ci dirigiamo verso la moschea Masjed-e Jameh passando attraverso i corridoi coperti del bazar ancora chiuso. Ci godiamo qualche istante di silenzio all’interno della moschea e qualche foto libera da gente prima dell’arrivo delle comitive alla bella facciata di maioliche azzurre alta e stretta illuminata dal sole. A fianco dell’ingresso c’è una bella libreria con testi anche in italiano: poesie di Hafez, favole persiane e l’immancabile corano. Ci infiliamo nelle viuzze tipiche del centro storico di Yazd con muri e case in adobe, lo speciale impasto di argilla, sabbia e paglia. Sembra di essere nelle casette del presepe poste ai margini del deserto, davvero pittoresche con un bel gioco di luci e ombre.

Seguiamo una cupola di maioliche azzurre a motivi geometrici, si tratta del santuario Bogheh-ye Sayyed Roknaddin: c’è un cartello con scritto che al mercoledi possono entrare solo le donne, strano vedere qualcosa di proibito agli uomini, seppure per un solo giorno. L’interno è in restauro ma tra le impalcature si intravedono delicati stucchi beige, un piccolo sacrario centrale con porte finemente decorate. Vaghiamo di nuovo tra le viuzze, scoprendo una città piena di badgir, le torri del vento poste al di sopra delle abitazioni per catturare l’aria per rinfrescare la casa. Torniamo al complesso Amir Chakhmaq per visitarne la moschea annessa: non è niente di che, anche se il custode si avvicina e cerca di valorizzare ai nostri occhi la sua protetta. Pausa merenda d’obbligo alla pasticceria più famosa dell’Iran, Haj Khalifeh Ali Rahbar, per acquistare i famosi dolcetti tipici di Yazd, all’angolo destro della piazza con il complesso alle spalle

Visitiamo il museo dell’acqua: in una casa tradizionale è stato ricavato questo interessante museo che illustra il meccanismo di distribuzione dell’acqua attraverso i canali qanat che hanno consentito ad una città come Yazd di svilupparsi seppur circondata da deserti, gli orologi ad acqua per contingentare la distribuzione, il funzionamento dei badgir e i loro ingegnosi sistemi di canalizzazioni dell’aria. Proseguiamo il nostro zigzagare tra vicoli e ci dirigiamo verso la Lariha House, una bella casa tradizionale restaurata.

Yazd Lariha House

In questa zona tra la prigione di Alessandro e la tomba dei 12 Imam è un fiorire di localini con terrazze per ammirare i tetti, le cupole e i minareti di cui la città è disseminata, da tornarci al tramonto. A metà pomeriggio invece appuntamento con il nostro autista per visitare un paio di cose un po’ fuori dal centro. Cominciamo dal giardino Bagh-e Dolat con la sua immancabile vasca d’acqua, merita il padiglione sovrastato da un altissimo badgir e caratterizzato all’interno dal vetrate colorate che regalano effetti di luce. Poi ci facciamo accompagnare all’Ateshkadeh,  il Tempio del Fuoco Zoroastriano, una struttura semplice non proprio imperdibile, interessante il pannello esplicativo della simbologia zoroastriana. Torniamo nelle nostre amate viuzze centrali, rimaniamo nella zona della Lariha House dove saliamo sulla terrazza della Tourist Library per goderci il tramonto. Passiamo la serata nella piazza del complesso Amir Chakhmaq, dove la gente ci attacca bottone chiedendoci selfie. Per cenare i locali ci consigliano di andare nel porticato sotto il palazzo a prendere gli spiedini di frattaglie, ma io non ho abbastanza fegato per mangiarli e vado di panino con falafel. Per finire la giornata con l’ennesima passeggiata puntiamo sul navigatore la moschea Imam Zadeh Jafar, attraversiamo vicoletti bui e solitari senza comunque sentirci in pericolo: la moschea ha i minareti illuminati a luna park, come  si usa nelle feste paesane dell’Andalusia o nel nostro sud Italia. Sembra esserci in corso una cerimonia e riteniamo di non entrare.

Pernottamento: Mehr Hotel

5° Giorno: MEYBOD-NA’IN-VARZANEH

Partenza in auto con destinazione Varzaneh, ma tappa intermedia a Meybod, cittadina con origini molto antiche di cui si possono visitare la meritevole fortezza Narin, la ghiacciaia e la torre piccionaia tutta cunicoli per meglio catturare il prezioso guano: bello vederla tutta pulita e lucidata, meglio non immaginare mentre si salgono le scale cosa doveva essere nel pieno della sua funzione!

Meybod

Lungo il tragitto ci fermiamo alla moschea di Na’in, una delle più antiche del paese: in mattoni, con una struttura senza sfarzi ma delicati stucchi, è molto bella e merita senz’altro una sosta.

Nel primo pomeriggio arriviamo a Varzaneh, alla carinissima Negaar Guest House, un ambiente molto informale e giovane dove le turiste si sentono libere di abbandonare il velo. Vengono proposte diverse escursioni e attività, visionabili già prima di arrivare sul sito http://negaarhouse.com/tours/: le più comuni sono il morning tour e l’afternoon tour, entrambi davvero super!. Alle 15.45 (ma l’orario dipende dalla stagione in quanto calcolato in base al tramonto) partiamo per l’afternoon tour, siamo un bel gruppetto. Tappa al villaggio abbandonato in argilla con torre piccionaia (ripulita) e al tempio zoroastriano adagiato sulle rive di un ruscello. Ci si inoltra nel deserto di sale: il suolo è una distesa bianca ‘a pelle di giraffa’, accecante: una sosta per qualche foto e una passeggiata con lo scricchiolio sotto ai piedi. Via verso il lago salato, il pezzo forte dell’escursione: acque azzurre e cristalline circondate dal sale, uno spettacolo mai visto.

Lago Salato- escursione da Varzaneh

Poi si va verso le dune: il vento è pazzesco, la sabbia vola a mille, ne patiscono gli occhi e i sensori delle macchine fotografiche. Salire sulle dune è durissima, oltre al principio che sali di un passo e scendi di tre quarti c’è anche il vento che ci si mette di mezzo. Però da lassù la vista è fantastica e la luce del tramonto rende le dune di seta. Aspettiamo il nascondersi del sole poi si riparte. L’escursione prevede anche un simpatico tè con i biscotti con fuoco improvvisato lungo la strada del ritorno e una tappa lontana da tutte le luci per ammirare le stelle. Bellissimo giro, oltre 5 ore, torniamo alla guest house che sono le nove passate con una fame da lupi…ma il cibo non è proprio abbondante, diciamo che non è il pezzo forte dell’esperienza a Varzaneh.

Pernottamento: Negaar guest house, consigliatissima

6° Giorno: VARZANEH- ISFAHAN

Alle 5.15 si parte per il morning tour, gruppo decisamente sfoltito. L’autista è lo stesso, vestito esattamente come qualche ora prima, in barba alla temperatura. Un’oretta di strada e si arriva ad un caravanserraglio del 1500 epoca in cui Abbas I ne fece costruire ben 999 per favorire il rifocillamento di mercanti e cammelli, ce n’era uno ogni 35 km, meglio degli autogrill in A1. Aspettiamo l’alba sul tetto poi colazione a pic nic con il formaggio tipico iraniano, il pane e la marmellata di carote. L’escursione prosegue poi verso i monti vulcanici, con tappa ad un bacino d’acqua e salita su un vulcano per vedere  dall’alto la terra salina e il lago salato. Sosta poi ad una cascata e, ormai di ritorno a Varzaneh, ad un antico mulino che veniva azionato col cammello, con tanto di dimostrazione pratica. Tour che decisamente merita di essere fatto.

Ripartiamo poi per Isfahan, una città che si rivela meravigliosa e molto curata. Una delle caratteristiche della città sono i mitici ponti: oltre ad essere strutture interessantissime dal punto di vista architettonico, sono un vero e proprio ritrovo per la gente del posto, affollati a qualsiasi ora del giorno. Il fiume è a sud rispetto alla piazza, il ponte più vicino è a circa 3 km, quello più lontano a 5 km. I due più interessanti sono quelli più vicini al centro e tutti sono collegati da una passeggiata lungofiume ben curata che in certi tratti diventa un vero e proprio parco. Per farci un’idea di massima ci facciamo un primo giro di perlustrazione facendoci accompagnare con la macchina. Ci torneremo poi a piedi per viverne l’atmosfera. Sfruttando la macchina ci facciamo portare all’hammam Ali Gholi Agha, a 2 km a nord ovest della piazza.

Isfahan Moschea del Venerdi

E’ ancora più bello del Vakil di Shiraz, tutto una maiolica. Sempre in auto andiamo alla Masjed-e Jameh, la moschea del Venerdi, a 2 km a nord est della piazza. E’ la più grande moschea iraniana e architettonicamente è un capolavoro: ambienti in pietra con preziosi bassorilievi, pareti di maioliche, soffitti decorati e volte che sembrano merletti convivono armoniosamente.

Dalla moschea andiamo in centro a piedi: i due chilometri da percorrere sono tutto bazar, è incredibile. E l’uscita dai corridoi di mercanzia ci lascia ancora più esterrefatti: ci vediamo catapultati in una immensa, infinita piazza, una della più gradi al mondo (è al 6° posto) la Naqsh-e Jahan, rinominata tanto per cambiare Iman Square. Nella piazza c’è di tutto e ci si svolge di tutto: due moschee, un palazzo, fontane, vasche d’acqua immense, carrozze con i cavalli, gente che fa pic nic, scolarette che giocano a pallone.

Isfahan Masjed-e Shah

Fotografarla è quasi impossibile, altro che grandangolo. La moschea dello Shah ha la facciata sulla piazza ma un corridoio ‘traverso’ porta al luogo di culto che risulta di lato per essere rivolto verso la mecca.

Pernottamento: Savafi hotel, ottimo, pulitissimo

Isfahan Masjed-e Shah

7° Giorno: ISFAHAN

Mattinata dedicata alla grande piazza di Isfahan con tutte le sue meraviglie. Visitiamo l’interno della Masjed-e Shah, imponente e tutta una maiolica, peccato per i lavori di ristrutturazione in corso. Entriamo nella graziosa e raccolta Moschea dello sceicco Lotfollah, con una struttura diversa dal classico in quanto si sviluppa in un solo ambiente e ha degli scalini all’ingresso.

Isfahan interno della moschea dello sceicco Lotfollah

Di fronte entriamo nel palazzo Ali Qapu, i cui punti forti sono la terrazza sulla piazza e la particolare sala della musica al 6° piano. Poco dietro la piazza, oltre Ali Qapu visitiamo il Chehel Sotun, un bel palazzo nato come padiglione di un grande giardino con pareti decorate a specchi, dipinti e soffitti in legno. Finita la cultura ci immergiamo nel bazar: non è tanto la mercanzia che ci attira, quanto l’idea di inoltrarci nei vicoli e scoprire vecchi caravanserragli, ambienti esagonali, la moschea di Alì, porticati decorati, soffitti lavorati. Cammin camminado arriviamo fino alla Masjed-e Jameh. Poi torniamo alla grande piazza e ci fermiamo a bivaccare: solo le 14 e forse in questa stagione è il momento migliore per fotografare la facciata della Masjed-e Shah visto che al mattino è in ombra e dal tardo pomeriggio la luce laterale lascia completamente buia la nicchia della facciata. Più tardi appuntamento con Romin per farci portare alla cattedrale di Vank, la cattedrale ortodossa nel quartiere armeno attorno a Jolfa square. E’ però il giorno dell’anniversario del genocidio armeno e dobbiamo rimandare l’ingresso. Ci facciamo lasciare in zona ponti.

Isfahan Ponte Khaju
Isfahan Si-o-seh Pol

Passeggiamo sotto le campate del meraviglioso ponte Si-o-seh Pol, qui un gruppetto canta e raduna un pubblico che li filma col cellulare, sulle piattaforme dei piloni famiglie sono pronte per il picnic, gente di ogni età compare e scompare dalle nicchie del parapetto. La vita scorre sopra l’impalcato, sotto le pile e lungo le sponde del fiume. Chi ci chiede un selfie, chi si propone come protagonista delle nostre foto creando un cuore con le mani, ovunque la classica domanda where are you from. Ci attacca bottone un signore che ha vissuto una buona parte della sua vita prima della rivoluzione khomeinista: convinto filomonarchico, spara peste e corna sull’attuale governo, dà dei selvaggi agli arabi, porta un anello con la corona e spera nel ritorno dello scià perché, dice, l’Iran è un paese che potrebbe essere molto ricco e colto, ma i cervelli fuggono. E poi, continua, si mangia male, non ci sono controlli sulla carne, troppe frattaglie e troppo unto, veleni per la salute. Ci fermiamo volentieri a chiacchierare, poi passeggiamo fino al ponte Khaju, architettonicamente superbo. Col buio le rigidità negli atteggiamenti dettate dalla sharia sembrano smorzarsi un po’, Allah di notte dorme e gli esseri umani, forse, sono un po’ più se stessi.

Pernottamento Savafi Hotel – Pasti: Siamak per un buon dizi (vicino al Si-o-seh Pol, prezzi un po’ più alti della media); per chi invece non teme le frattaglie è famoso il beryani, ci sono diversi ristoranti nel bazar Bozorg, nei pressi della moschea del venerdi.

8° Giorno: ISFAHAN-NATANZ-ABYANEH-KASHAN

Prima di lasciare la bella Isfahan ci mancano ancora due cose: uno scatto alle gradinate del ponte Khaju con la luce a favore e la visita alla cattedrale di Vank, una chiesa ortodossa con le sembianze di una moschea. Bei dipinti all’interno: vedere raffigurazioni della vita di Cristo da queste parti fa un po’ specie. Poi si parte in direzione Kashan, facciamo una prima tappa a Natanz che sfoggia la sua antica moschea dall’alto minareto che vale una visita. Poi Abyaneh, un paesino reso museo fra le montagna: è un brulicare di turisti, alcuni anziani in abiti tradizionali sono appostati non a caso per farsi fotografare. E’ sicuramente turistico ma rende bene l’idea di un villaggio tradizionale.

Abyaneh

Siamo fortunati perché il nostro autista incontra il custode dell’antica moschea che, con una mancia, ce la apre e ci fa visitare l’interno: splendidi soffitti in legno decorati, portali intarsiati e due preziosi pulpiti sempre in legno. Lungo le vie, piene di negozietti e bancarelle, una signora con un pentolone vende piatti di zuppa: siiii…finalmente verdura! Visione divina. E che buona!

Arriviamo a Kashan verso le 14, approfittiamo dell’autista per farci portare al Giardino di Fin che è a 8 km fuori. Carino, con le sue vasche, il padiglione e l’hammam, ma questi giardini iraniani proprio non riescono a stupirci. Poi, ritornati in centro, visitiamo le case storiche: ville labirintiche in un susseguirsi di cortili, anfratti, stanze decorate e stanze ‘condizionate’ grazie all’ingegnoso sistema dei badgir. Visitiamo le dimore Tabatabaei, la Boroujerdi e la Abbasian. Anche lo storico hammam Sultan Amir Ahmad è spettacolare.

Kashan Casa storica Tabatabaei

Ormai è quasi sera e andiamo verso la moschea Masjed Agha Bozorg che ha una struttura particolare fatta di un porticato al piano interrato del cortile. La città è famosa per l’acqua di rose: in centro ogni negozietto vende acqua per allungare te e bevande, bocciolini essiccati, profumi. Anche nel bazar ci sono rivenditori, probabilmente di qualità migliore.

Pernottamento: Mahinestan Raheb Traditional House, molto bello. A Kashan è assolutamente d’obbligo dormire nelle case tradizionali trasformate in hotel.

9° Giorno: QOM-TEHRAN

Puntiamo verso Qom, la sua immensa moschea che ospita la tomba della Fatima musulmana, sorella dell’Imam Reza, è un importante centro di pellegrinaggio. E’ stata il cuore della rivoluzione khomeinista e tutt’oggi è una delle città più ‘bigotte’ del paese. Noi ‘non musulmani’ possiamo entrare nei cortili moschea solo accompagnati, non ci è permesso entrare nelle aree di preghiera; all’ingresso quindi ci chiamano una guida e io vengo fornita di chador e invitata a chiuderlo bene e a tener dentro i capelli. Oro e argento e minareti pullulano in questa moschea colma di devoti e sfarzi. Qui sono permesse anche le macchine fotografiche, anzi la nostra guida ci invita a scattare.

Arriviamo a Tehran, salutiamo il nostro autista e andiamo alla scoperta della città. Iniziamo dalla Torre Azadi, simbolo della città, prendendo la metro gialla fino a Meydan-e Azadi. Azadi significa ‘libertà‘ speriamo sia di buon auspicio per questo paese che se la meriterebbe davvero. Poi con la metro rossa, fermata Panzdah-e Khordar, raggiungiamo il palazzo del Golestan. Il biglietto di ingresso è ‘a moduli’ decidi all’ingresso quali stanze vuoi visitare; noi ci limitiamo alle principali e alla sala del trono. Gli interni, specchi e stucchi a volontà, sono opulenti, se è la prima tappa in Iran lasceranno senza fiato ma come ultima ormai l’occhio si è abituato! Il trono in marmo è magnifico. Decidiamo di non affrontare i due interessanti musei: l’islamico e il nazionale (metro Imam Khomeini)

Pernottamento: Hotel Asareh, ottimo – Cena: fantastica zuppa da Nikoo Sefat Aash

10° Giorno: TEHRAN

Con la metro rossa fermata Shahid Haghani andiamo al Museo della Santa difesa, dedicato alla guerra Iran-Iraq. E’ organizzato molto bene: l’esterno (gratuito) è un immenso parco con panchine a forma di carrarmato e ospita camionette, missili sullo sfondo delle montagne innevate. L’interno è ben strutturato e accattivante, racconta, chiaramente con spirito di parte, la guerra con l’Iraq attraverso simulazioni di bombardamenti, immagini proiettate, la visione celestiale della mente dei martiri che si copre di sangue: rappresentazioni innovative e coinvolgenti di una tematica tosta.

Li vicino c’è il bel ponte Tabiat in acciaio che, oltrepassando l’autostrada, collega due parchi: è un punto di ritrovo cittadino e vale la pena farci un giro e un pic-nic. Poi il top di Tehran, l’imperdibile museo nazionale dei gioielli (metro Sa’adi): si trova nel caveau della banca centrale della repubblica islamica e l’orario di apertura è limitato, dalle 14 alle 16,30 (chiuso il venerdi) . C’è molta coda, si entra a gruppi e conviene presentarsi alle 14 in punto. Bisogna depositare tutto, macchine fotografiche e cellulari in primis. Il patrimonio è inestimabile si rimane a bocca aperta: pezzo forte il mappamondo di smeraldi e rubini ma non scherzano anche la sedia reale, gli abiti lavorati a perle e pietre preziose, le corone, le collane, i diademi da scià, le sciabole, le manciate di diamanti. I piatti tutti tempestati non li guardiamo neanche.

Con gli occhi che brillano andiamo verso l’ex ambasciata americana, dove sono esposti telex, strumenti di comunicazione e qualche documento segreto del ‘covo dello spionaggio’.

Tehran a pochi passi dall’ex ambasciata americana – covo dello spionaggio

E poi un giro all’immenso bazar, 10 km di viuzze con tanto di moschea all’interno: la solita paccottiglia ma anche buoni succhi di frutta e verdura fresca, datteri e pasticcini. L’ultimo assaggio di questo meraviglioso Iran prima di filare in aeroporto.

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