di Francesca Orioli
Agosto 2013
A volte basta il suono delle parole per convincersi a fare le cose più insensate e la fonetica di ‘Carretera de la Muerte’ ne ha tutte le potenzialità. Solo il nome dà l’idea di un chilometrico scivolo sassoso e impervio, tutto curve e strapiombi. E così è, almeno per buona parte la carretera boliviana. All’agenzia di La Paz, alla quale ci appoggiamo per l’esotica avventura (www.madness-bolivia.com), comincia la vestizione: paraginocchi, guanti, caschetto, si prendono le misure per l’altezza delle bici (prendetele con doppio ammortizzatore, non lesinate sulla sicurezza) e via sul pullmino per raggiungere il punto di partenza. Che è a 4600 metri di altezza a La Cubre. Il fisico si è già un po’ abituato alle altitudini impegnative, vaghiamo per la Bolivia da ormai due settimane e il livello del mare da queste parti è generalmente sempre molto lontano. Ci aspettano 64 km di discesa, che poi, scopro sul posto…tutta discesa non è!

Si monta in sella, si parte insieme a tanti altri pseudo-matti avventurieri radunati lì. Siamo tutti bardati perché l’aria a quell’altitudine è più che fresca. Il primo tratto è un nastro d’asfalto, uno Stelvio sudamericano. Presto scopro la maledizione della mia bici: tutti vanno giù come fulmini e a me tocca pedalare in discesa. Gli accompagnatori-assistenti che ci seguono col pullmino devono avermi osservato per un po’ e dopo aver concluso che non ero una cretina mi hanno sostituito la bicicletta.
Poi l’inaspettato: 8 km di salita. Non l’affronto, una fatica bestia, un caldo bestia, smonto dalla sella e proseguo a piedi portando a mano la bici per molti tratti (come molti altri) ma certo non mi faccio dare un passaggio dal pullmino che ci scorta.

Zuppi di sudore si arriva al ‘vero’ inizio della strada mas peligrosa del mundo, qui la carretera diventa sterrata e ad una sola corsia larga circa 3 metri. Comincia anche la regola del senso di marcia invertito per permettere a chi scende di controllare con precisione la posizione della ruota rispetto al precipizio. Fino al 2007 la carretera de la muerte era la principale via di comunicazione per i commerci tra Bolivia e Perù, camion su camion la percorrevano, incidenti a bizzeffe, il più grave nel 1983 quando un veicolo è piombato nel burrone e oltre 100 passeggeri sono morti. A testimonianza del funesto passato, il percorso è costellato da croci commemorative. Ora non si incontrano più camion, solo qualche macchina, perché appunto nel 2007 è stata costruita una nuova strada asfaltata sul versante opposto della montagna e la carretera è divenuta per lo più un’attrazione turistica.

Il fondo è ghiaioso e io che non sono un cuor di leone procedo un po’ frenata. Il caldo è sempre più soffocante, l’umidità assillante. I panorami però sono stupendi, ma per ammirarli e fotografarli mi fermo ogni tanto, perché mentre pedalo ho lo sguardo fisso a terra. Foto di gruppo d’obbligo alla ‘Curva del Diavolo’, istantanea del momento che si aggiungerà a tutte le foto che i nostri accompagnatori ci scatteranno durante il percorso e ci faranno avere in un cd-ricordo. Arriva anche la cascata, preceduta e seguita dal terreno fangoso che fa derapare. Man mano che si scende la pendenza si addolcisce, e arrivati in fondo a Tolosa, sui 1200 metri di quota, tocca anche risalire a 1500 metri a Coroico dove per fortuna ci attende la piscina, la doccia e il rifocillamento.
Ma quando l’avventura sembra finita, il cuore si rilassa e ripercorre la bella esperienza, divertente e non così tremenda, ecco che comincia la vera disavventura, quella non per finta, quella che ci ha fatto vedere veramente la muerte in faccia. Il proseguimento della nostra vacanza boliviana prevede un viaggio ‘noleggio con conducente’ da Coroico a Rurrenabaque, il punto di partenza per le escursioni in Amazzonia. Dieci ore di macchina, le più terribili della mia vita: dalle 5 del pomeriggio, orario di apertura della strada soggetta a lavori, stipati in carrette tipo Fiat Duna a sfrecciare su una carretera polverosissima a strapiombo per strade di montagna, a velocità pazzesche superando come matti tutti i camion possibili finché, proprio ‘grazie’ alla chiusura per lavori in entrambi i sensi di marcia, non si incrociano ancora i veicoli provenienti dalla parte opposta. Un incubo, dal finestrino di sinistra vediamo le ruote sfiorare il ciglio del dirupo, è un continuo di avemarie padrenostri e speremben. Neanche a dirlo le sospensioni sono consumate dagli anni ottanta. Finalmente arriviamo nella ‘civiltà’, le strade migliorano e nella miglior tradizione del car sharing ogni tanto i nostri autisti si fermano a caricare qualche passeggero o qualche valigia. Un viaggio lungo un dramma che ci fa dire che la biciclettata lungo la carretera de la muerte è stata una passeggiata di salute. So che c’è un aereo da La Paz a Rurrenabaque: se anche voi dovete fare quel percorso, prendetelo.
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