ARIZONA: IMMERSI NEL PAINTED DESERT

di Francesca Orioli
Agosto 2017

Tutti i colori  dell’arcobaleno si sono dati appuntamento qui, nel Painted Desert dell’Arizona: una distesa di formazioni rocciose di origine vulcanica dai colori più disparati grazie alla presenza di molteplici minerali quali il ferro, il manganese, la bentonite.

Questa meraviglia è parte del ‘Petrified Forest National Park’ nell’Arizona centro orientale, a circa 40 km da Holborok, 180 km da Flagstaff. 115 km da Gallup. Il parco ha due ingressi: uno a sud sulla highway 180, uno a nord sulla interstate 40, più vicino al Painted Desert Visitor Center.

Noi siamo partiti da nord. Abbiamo percorso, in auto, un primo loop di circa 9 km costellato da viewpoint che permettono l’affaccio su un paesaggio stratosferico: Tiponi Point, Tawa Point da dove è possibile fare un trail a piedi di 1,6 km, Kachina Point, Chinde Point, Pintado Point, Nizhoni Point, Whipple Point, Lacey Point. Ogni punto è una terrazza che dà sul mare di rocce colorate e ognuno offre uno scorcio diverso per scatti strabilianti.

La strada che attraversa il parco è lunga 42 chilometri tra i due punti di ingresso, è asfaltata e interseca la storica Route 66. L’incrocio è celebrato da un relitto di una Studenbaker del 1932 e dal Painted Desert Inn. L’edificio, in materiale ‘adobe’ (l’argilla rossa che caratterizza gli edifici del New Mexico) è degli anni trenta e ha ripreso, nella struttura, resti di una locanda degli anni venti costruita in parte con legno pietrificato. Ora è un museo e conserva dipinti dell’artista Hopi Fred Kabotie.

Scendendo verso sud si incontra il Puerco Pueblo, rovine di un antico villaggio ancestrale costituito da circa 100 alloggi che si snodavano lungo le rive del fiume Puerco e la Newspaper Rock, un insieme di massi ricoperti di petroglifici incisi dai popoli antichi che coltivavano e cacciavano in queste aree già 2000 anni fa. Troppi ‘scrittori’ hanno scritto su queste pareti e non è possibile decifrarne una storia univoca: gli studiosi hanno individuato messaggi spirituali, eventi di calendario, indicazione di confini e percorsi migratori. Per vederli bene sono a disposizione dei telescopi gratuiti, lo zoom della propria fotocamera può essere una buona alternativa.

Ancora più a sud si incontrano ‘The Tepees’, coni di roccia stratificata che sembrano tende degli indiani dai toni grigio e rossi.

Merita una una sosta un po’ più lunga il Blue Mesa Trail, un percorso a piedi di 1,6 km  in un paesaggio dell’altro mondo fatto di calanchi con colori che spaziano dal grigio al blu al violetto. Un paradiso per i fotografi. I calanchi hanno la superficie a ‘pelle di elefante’: l’acqua piovana entrando a contatto con la bentonite, allarga la superficie della fragile roccia, lasciando un labirinto di crepe che favorisce ulteriormente l’infiltrazione dell’acqua e rende perpetua l’erosione.

La parte più a sud del parco è la vera e propria Petrified Forest, una concentrazione di tronchi pietrificati: Agate Bridge, un tronco che unisce le sponde di un torrente, Jasper Forest, Giant Logs, Long Log e Agate House, un’antichissima capanna di legno cristallizzato.

In tutto il parco gli antropologi hanno trovato moltissimi fossili: anfibi, conchiglie, pesci, insetti, foglie di piante tropicali e felci impresse nella roccia.

Il parco è parte dei National Parks americani quindi il biglietto di ingresso è compreso nella tessera annuale. Tutte le informazioni si trovano sul sito www.nps.gov: orari di apertura, percorsi, cartine, eventuali notifiche aggiornate. Non ci sono campeggi all’interno del parco, è possibile tuttavia piantare una tenda e pernottare dopo aver ottenuto il permesso presso il Painted Desert Visitor Center, il Painted Desert Inn o il Rainbow Forest Museum almeno un’ora prima della chiusura del parco. I bagni e le aree ristoro sono presenti solo presso questi centri.

Mappa del parco (www.nps.gov)

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