di Francesca Orioli
Agosto 2016
Il Fuji l’ho vissuto e mi è rimasto dentro, ma non l’ho visto. Sembra un ossimoro ma è così. Il cono perfetto venerato dai giapponesi io l’ho visto solo in foto, l’ho solo immaginato. Eppure ci ero sopra, in cima. La cappa di umidità di pieno agosto rende impossibile la vista del vulcano da lontano. Sarà sicuramente bello, mi fido. Salirci sopra comunque è stata un’esperienza intensa e coinvolgente e direi anche ‘aggregante’.
Assistere al levar del sole in cima al paese del Sol Levante è fantastico. Ma l’escursione va programmata in anticipo. Perché ricordate, il problema del Fuji….è il traffico! Per i giapponesi la salita al cratere è un atto divino che porta saggezza ma, poiché le condizioni atmosferiche permettono la scalata solo nei mesi di luglio e agosto, aspettatevi una vera e propria folla.

Solitamente la camminata inizia al pomeriggio, si pernotta lungo il percorso e si sale di notte l’ultimo tratto per raggiungere la vetta all’alba. Il punto di partenza più battuto è la 5^ Stazione a 2300 metri circa di altezza (località Kawaguchiko) raggiungibile con auto o mezzi pubblici, ma i più integerrimi possono partire anche dalla base del monte.
Da Tokyo conviene prendere il pullman dalla stazione di Shinjuku (orari e prenotazione sul sito www.highwaybus.com): io ho prenotato solo l’andata per non essere vincolata al ritorno. Abbiamo fatto molta coda per uscire dall’area metropolitana di Tokyo e ciò ci ha causato 2 ore di ritardo (ed era un giorno in settimana), tenetene conto e partite in anticipo.
La corsa di ritorno su Tokyo si può prenotare direttamente agli sportelli che vendono i biglietti a Kawaguchiko, è molto probabile che il primo bus in partenza sia già al completo ma intanto ci sarà il tempo di rifocillarsi.
Noi siamo partiti con il solo zaino lasciando in custodia le valigie all’albergo di Tokyo, ma ci sono depositi bagagli anche a Kawaguchiko.
Non è necessaria nessuna guida escursionistica, è sufficiente un allenamento medio e ovviamente scarpe buone (e una torcia-frontalino per la salita notturna). Kawaguchiko è una brulicante cittadina piena di tutto quello che può servire agli escursionisti, c’è un Visitor Center ben organizzato per tutte le informazioni necessarie. Per la salita ci sono diversi itinerari, tutti ben segnalati. Noi abbiamo optato per il più comune, lo Yoshida Trail. La salita è una tirata costante, il sentiero sassoso (soprattutto tra la 6^ e la 7^ stazione) e nel nostro caso avvolto, soprattutto nell’ultimo tratto, dalle nuvole. Più in cima, verso i 3000 metri di altitudine comincia a tirare vento, ma non fa molto freddo. Ci abbiamo messo circa 3,5 ore a salire fino all’8^ stazione e mezzo dove avevo prenotato il pernottamento al rifugio Goraikoukan (l’ultimo). La prenotazione va fatta con largo anticipo: io mi ero mossa a inizio maggio per metà agosto (sito https://www.goraikoukan.jp/english/). In cima è tutto ovviamente caro, anche il bagno si paga.
Di notte siamo ripartiti alle 2,15, e la scia di pile a frontalino che risaliva la montagna era quasi emozionante, guardando in basso sembrava un albero di Natale visto dalla punta. Dall’8^ stazione e mezzo, considerando il passo lentissimo per ‘la fila’, serve circa un’oretta e un quarto raggiungere in cima. Abbiamo aspettato poi un’ora l’alba guadagnando i posti migliori tra la folla per vedere il sorgere del sole in tutto il suo splendore. Non faceva particolarmente freddo, ma bisogna comunque essere ben attrezzati con piumino, guanti, berretto. Su, alla faccia del misticismo, l’atmosfera è un po’ da sagra di paese: bancarelle con cimeli, bevande calde e selfie a bizzeffe. Ma il caos si zittisce allo spuntare del ‘sol levante’: il mare di nubi sotto di noi schiarito dai raggi passa dalle gradazioni del blu a quelle dell’arancione e regala immagini memorabili.

Quando il sole è alto e diventa ‘scontato’ ci si accorge di nuovo del brulicare intorno: tutti a comprare gadget e a farsi immortalare sul cippo che certifica l’altitudine della vetta.
Ma la meraviglia non è finita: vale la salita anche il fantastico giro attorno al cratere, assolutamente da non perdere: torii di rustica fattura incastrati sulla roccia rossa striata di nero e giallo, si stagliano nel blu del cielo.

Ma le emozioni fanno venire fame e a metà cratere facciamo colazione con la lunch box fornita dal rifugio: salmone alle 6 del mattino. Proseguiamo il nostro tragitto sul cratere, acquistiamo anche noi il nostro ricordino, un inchino al tempio e comincia la discesa, che avviene per un sentiero diverso dalla tirata dell’andata (ben segnalato) tornanti più dolci ma polverosi. A Kawaguchiko ci sarà modo di rimettersi in sesto, con dei ‘bomboloni’ di pasta bianchissimi ripieni di carne o verdure e Fuji Cakes, dolci a forma di Fuji.
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In dieci viaggi in Giappone non sono mai salito! So che la salita è trafficata è ho sempre più bello mantenere un’immagine idealizzato è perfetta del monte (quella che non hai visto)… ma chissà in futuro! Grazie per il tuo racconto!
Spero allora che ci scambieremo le esperienze in futuro: io tornerò in Giappone per vederlo bene e tu ci salirai. Dai speriamo, grazie per il tuo commento!
Oh! finalmente un’esperienza diretta con spiegazione esauriente! Grazie mille per i link, ci torneranno utili!
Mi fa piacere! Se hai poi domande chiedi pure!