SCI-ALPINISMO IN CANADA: LA WAPTA TRAVERSE

di Silvia Benaglia
Aprile 2017

Una traversata di 5 giorni sugli sci sulle montagne rocciose canadesi,  un percorso di oltre 50 km immersi in un surreale ‘Total White”. Rigorosamente zaino in spalla con buona attrezzatura e cibo, pernottamento in bivacchi.

Chiunque ami lo sci-alpinismo avrà sentito parlare della mitica polvere canadese. O per lo meno, per me è stato così. Avevo fantasticato sui lunghi inverni e su quella neve che, mi era stato detto, è così diversa dalla nostra. E così a poco a poco è nata l’idea di andare a provarla. Ma dove? Il Quebec è sicuramente più rinomato dal punto di vista turistico con Montreal, Ottawa e Toronto, ma da quella parte del paese le montagne sono poco più che colline (il Mont Jacques Cartier, la seconda cima più alta della zona, tocca appena i 1.268m). Per trovare delle montagne vere e proprie bisogna andare all’ovest. Tra l’altro io amo molto le traversate di più giorni perché mi dà l’idea di immergermi di più nella natura e nella cultura del posto. Curiosando nella rete ho trovato abbastanza rapidamente quello che faceva al caso mio: la Wapta Traverse, traversata di 5 giorni che gode di un certo prestigio tra i locali tanto che da loro viene talvolta paragonata alla Chamonix-Zermatt.

St Nicholas

Così dopo qualche giorno a Vancouver e a Victoria, un volo interno ci deposita a Calgary dove noleggiamo un’auto e con quella raggiungiamo Lake Louise che non è un vero e proprio paese ma un agglomerato di lodge e ristoranti. Da lì la partenza della Wapta Traverse non è lontana: si percorre la Highway 1 in direzione nord fino al Peyton Lake e si lascia l’auto in un parcheggio a bordo strada. L’inizio non è dei più agevoli: si parte in discesa, in un bosco fitto, tra numerosi saliscendi. Proviamo con l’assetto da salita, poi con quello da discesa e alla fine decidiamo che la cosa più comoda è togliersi gli sci. Per fortuna arrivati al lago le cose migliorano. Lo si attraversa su terreno pianeggiante, poi si rimonta la morena fino a una stazione meteo per perdere un po’ di quota e mettere piede sul ghiacciaio che si risale poi con ampio semicerchio verso sinistra. Ho così modo di scoprire che sciare con 16 kg sulle spalle non è facile e di fare conoscenza con il white out, condizione climatica molto frequente in zona. Arrivati al ghiacciaio quindi la visibilità inizia a diminuire rapidamente e ci troviamo a muoverci in un bianco surreale dove non ci sono punti di riferimenti e che inghiottisce rapidamente anche le persone che ci precedono. Troviamo la capanna quando praticamente ci sbattiamo contro. Dentro l’ambiente è spartano ma caldo. Ci prepariamo la cena e ci organizziamo per la notte.

Discesa nella polvere dal Mte Thompson

Quando ci alziamo la mattina dopo, fuori è ancora tutto bianco e quando una ragazza esclama: “What a beatiful day!” mi sento un po’ presa in giro. Comunque si parte. E alla fine aveva ragione lei. Arrivati al colle che separa il M.te Thompson dal M.te Rhonnda, il total white si dissolve regalandoci un cielo azzurrissimo. Lasciamo gli zaini e risaliamo l’ampia spalla del M.Te Thompson completamente vergine che scenderemo poco dopo lasciando le nostre firme su una splendida polvere. Ripresi gli zaini, ci aspetta un lungo traverso e l’ultima discesa sulla Bow Hut.

Verso la Bow Hut con il St Nicholas sullo sfondo

La neve è bella ma il peso dello zaino mi impedisce, ancora una volta, di godermela fino in fondo. La capanna è più grande e accogliente della precedente e io scoprirò che le buste dell’Expedition Food non sono sufficienti: tra i ricordi di questo viaggio ci sarà la fame. D’altronde dovendo portarsi tutto sulle spalle, non c’erano tante alternative.

La cresta del St Nicholas

Il giorno dopo ci sono poche nuvole che si dissolveranno rapidamente. Con un gruppo di canadesi con cui abbiamo fatto amicizia aggiriamo il versante occidentale del M.te St Nicholas e, lasciati gli zaini, risaliamo il M.te Gordon, il più alto della zona che ci regalerà un’altra fantastica discesa su neve polverosa. Recuperato il carico, saliamo al colle che separa il M.te St Nicholas dal M.te Olive. Qui restiamo un attimo indecisi su quale cima salire e alla fine optiamo per il St Nicholas che con la sua forma a pinna di squalo è affascinante. Non è sciabile, ma si tratta per lo più di una camminata. Abbiamo usato corda, piccozza e ramponi per fare in sicurezza l’ultimo tratto, verticale ed esposto. Tornati al passo, la discesa verso la Balfour Hut è dolce e si tratta solo di far correre gli sci. La capanna sorge in un luogo davvero incantevole: una piana circondata da montagne dove assistiamo a un bellissimo tramonto.

Tramonto sulla conca dove sorge la Balfour Hut

La quarta tappa è la più problematica perché richiede di risalire un ghiacciaio tra crepacci e seracchi. Andrebbe affrontata con condizioni di buona visibilità e uno degli altri sciatori la sera precedente ci aveva incoraggiati dicendoci: “People die out there!”. Ci alziamo con discrete condizioni di visibilità e decidiamo di partire, ma appena attaccata la salita verso il Balfour High Col veniamo inghiottiti dal white out. A quel punto possiamo solo immaginare il blu dei seracchi e il nero delle rocce e per destreggiarci è fondamentale il gps. Credo che Micheal Ende, quando ha ideato il Nulla, sia stato ispirato da una situazione simile. La discesa è pura sopravvivenza: gps alla mano, è un continuo “un po’ più a destra; ora un po’ più a sinistra” fino ad arrivare alla capanna che coi suoi 12 posti è la più piccola e la più spartana di tutta la traversata.

Quando ci svegliamo l’indomani regna ancora il white out, ma pensando che ci resti solo discesa partiamo lo stesso. In realtà la tappa si rivela più complessa del previsto. Un tratto in discesa, poi uno in piano fin nei pressi del roccioso M.te Nhiles, poi scendiamo troppo e ci tocca risalire aggirando un grosso, impressionante crepaccio. Scendiamo di nuovo fino ad un pianoro con laghetto e lì scopriamo che anche in Canada esiste la crosta. Raggiungiamo il bosco e iniziamo a destreggiarci tra i fitti abeti.

Discesa nel fitto bosco dell’ultima tappa

La discesa è lunga e noi siamo lenti. Simone si stacca dal gruppo per andare a cercare un passaggio, unico modo per tornare a recuperare la nostra auto. Noi continuiamo faticosamente a scendere: raggiungiamo finalmente un primo pianoro che si attraversa sempre in direzione sud costeggiando il torrente. Una breve discesa conduce allo Sherbrooke Lake che si attraversa e poi con continui saliscendi lungo il sentiero estivo, si raggiunge infine il Great Divide Lodge. Siamo stanchi e affamati. Mentre aspettiamo Simone ordiniamo delle patatine fritte e della cioccolata e nessuno si stupisce della strana accoppiata. Mentre facciamo merenda, piano piano ci rendiamo conto che anche questa volta ce l’abbiamo fatta e avremo una nuova, bellissima avventura da raccontare.

DATI TECNICI: Di per sé la Wapta Traverse non presenta grandi difficoltà tecniche se non quelle legate al peso dello zaino (muovendosi su ghiacciaio è necessario aver dietro tutta l’attrezzatura alpinistica oltre al cibo necessario per i 5 giorni) e all’orientamento in quanto il tempo è estremamente variabile e spesso ci si trova a doversi muovere in condizioni di white out; fondamentale avere una traccia gps. I dislivelli non sono mai eccessivi e la quota massima raggiunta sono i 3.203 m del M.te Gordon. Le informazioni in nostro possesso parlavano di “terreno molto crepacciato” ma quando siamo andati (inizio aprile 2017) i crepacci erano tutti chiusi se si eccettua quello impressionante incontrato l’ultimo giorno.
Si dorme in capanne non gestite che però vanno prenotate all’ACC http://www.alpineclubofcanada.ca Se si vuole prenotare con un anticipo maggiore di 30 giorni, è necessario farsi soci. Periodo consigliato: marzo-aprile

Un ultimo consiglio sulle scorte di cibo: se si pensa di portarsi il cibo direttamente dall’Italia, come abbiamo fatto noi, deve essere rigorosamente vegetariano perchè in Canada è vietata l’introduzione di qualunque cibo di origine animale, anche liofilizzato (infatti metà del nostro cibo è rimasto in aeroporto a Vancouver!!)

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