Di F. Orioli-G. Tomassini
Marzo 2018
Chilometri: 6
Tempo: circa 3,5-4 ore prendendosela molto comoda (2,5 di cammino effettivo)
A San Marino spesso è dedicato solo uno sguardo frettoloso: meta domenicale per una gita fuoriporta col fascino della terra straniera o passatempo in caso di pioggia per i vacanzieri della riviera. Ma l’antico Stato indipendente incastonato nella Romagna può offrire molto di più dell’inflazionata passeggiata dalla Porta alle Torri. Per apprezzare davvero le sue bellezze bisogna guardare oltre i negozietti di paccottiglia e soft air, che ne sminuiscono il valore, e stanare le sue particolarità.
Ecco allora che un autoctono, una straniera e due cani (uno indigeno e uno straniero!) vi accompagnano in una piacevole camminata alla scoperta di alcuni degli angoli più pittoreschi della Repubblica, per darvi l’occasione per conoscere un po’ di storia e leggende dell’antica terra di libertà.
Partiamo dal luogo da cui tutto ebbe inizio: il Sacello del Santo.
Marino trova sul Titano il suo primo rifugio, quello che oggi è venerato come Sacello: un letto scavato nella roccia, testimonianza di una vita semplice e raccolta. La solitudine del luogo, le penitenze e la vita austera temprano il suo spirito rendendolo un convincente annunciatore del Vangelo e un punto di riferimento per la comunità che ben presto si raduna attorno a questo personaggio dal naturale carisma. Fu qui che si gettarono le basi per la fondazione della più antica repubblica del mondo. Che fu opera di un rifugiato. Alla faccia della xenofobia della nostra epoca.
L’indicazione del Sacello è visibile dalla superstrada che collega Rimini al centro storico di San Marino, all’altezza di Borgo Maggiore, dopo una rotonda con a fianco un distributore Agip. Seguiamo le indicazioni per quasi un chilometro finché, immersa nel verde, vediamo sulla sinistra una piccola chiesetta e un sentiero di scale sulla parete del monte. C’è uno spiazzo dove lasciamo la macchina, la recupereremo alla fine del giro. La cappella, con il suo stile semplice in arenaria del monte, racchiude un altare e un dipinto raffigurante l’amato santo e le tre torri sul cucuzzolo del Titano, sormontate dalle piume come simbolo di libertà. Le tre piume si librano nel cielo e non appartengono a nessuno tranne che a se stesse e sono lo spirito guida dei sammarinesi.
Saliamo le scale addossate al monte e andiamo a rendere omaggio al fondatore della Repubblica. La salita è un po’ ripida, il corrimano aiuta ma la terra, ancora un po’ coperta di neve, non tanto.
Una preghiera, una targa e un mazzo di fiori commemorano il sacro rifugio. Il giaciglio non doveva essere proprio comodissimo ma la vista, a Marino, certo non mancava: il suo riposo era vegliato dal mare e dalle dolci curve dell’entroterra romagnolo con Torriana, Montebello e il monte dimora dell’amico Leo.

Torniamo a livello strada e proseguiamo il nostro cammino, sentendoci già un po’ pellegrini. Con le spalle al monte, prendiamo a destra, seguendo la salita e le indicazioni per la funivia. Al bivio, all’altezza di bagni pubblici (gratuiti e presenti in molti punti a San Marino) si prende il sentiero a destra. Per qualche metro ci si troverà a fianco della superstrada che ci toglie un po’ di misticismo, ma poco dopo, sempre salendo, ci si imbatte in una galleria. E’ la prima del nostro percorso, è denominata “Borgo“ subito seguita da una seconda, “Montalbo“. Qui sotto passava il treno.
La linea ferroviaria Rimini-San Marino venne attivata negli anni trenta, accolta come forma di progresso visto che prima il monte era raggiungibile solo tramite una mulattiera. Ebbe però vita breve, fu bombardata il 26 giugno del 1944 dalle forze britanniche che violarono la neutralità del paese per dare la caccia ai tedeschi. Purtroppo il sistema ferroviario non fu mai più rimesso in funzione. Per fortuna in questi anni è in corso un progetto per far rivivere il mito del ‘trenino biancoazzurro’ (come i colori della bandiera) grazie alla riqualifica delle gallerie, all’esposizione di carrozze e alla trasformazione dei percorsi delle rotaie in sentieri pedonali immersi nella natura.
Oltre ad essere un patrimonio culturale, le gallerie sono simbolo di grande orgoglio della Serenissima Repubblica: come Stato neutrale durante il secondo conflitto, i sammarinesi hanno ospitato i rifugiati italiani e le gallerie si sono trasformate in abitazioni. In quegli anni la popolazione arrivò a 100.000 abitanti: se pensiamo che oggi se ne contano 33.000, si può ben capire la dimensione dell’accoglienza. All’interno dei tunnel ferroviari sono ancora visibili i “numeri civici” segnati sulle pareti che testimoniano i separatori tra una famiglia e l’altra, accompagnati da alcune fotografie che raccontano scene di vita quotidiana nei rifugi.

Alla fine della seconda galleria si sbuca nel viale del cimitero, seguiamo la direzione opposta all’ingresso, attraversiamo la strada prendendo Via Dalmazia e seguendo i cartelli “centro storico”. Alla vista del ponte sopra il quale passava la ferrovia, proseguiamo a destra, prendiamo la scala che sale e sbuchiamo sulla strada asfaltata, la seguiamo in salita (verso destra), superiamo il curvone che va verso destra prendendo via Napoleone Bonaparte. E che ci fa Napoleone a San Marino? Era il 1797 quando il conquistatore francese giunse ai piedi del Titano per intimare la consegna di un funzionario dello Stato Pontificio rifugiatosi a San Marino. Il governo sammarinese sfoggiò le sue migliori doti diplomatiche e riuscì abilmente a tenersi buoni sia il Papa che il futuro imperatore francese, salvando capra (il delegato pontificio, a cui venne data la possibilità di fuggire) e cavoli (l’alleanza con i francesi, con la sibillina promessa di fare il possibile per riacciuffare il fuggitivo). Furono così bravi i capitani reggenti dell’epoca a gestire l’impasse che Napoleone era pronto a regalare a San Marino l’accesso al mare. E furono altrettanto astuti e lungimiranti da rifiutare l’offerta, timorosi di recriminazioni future che avrebbero minato la libertà della Repubblica.
Torniamo con i piedi per terra, seguiamo il marciapiede della Via Napoleone, attraversiamo il parcheggio n. 10 e alla rotonda proseguiamo diritto, dove la strada comincia a scendere. Dopo 200-300 metri, sulla sinistra della strada prendiamo nuovamente una scala che sale e ci ritroviamo al segnalatore di un binario morto antistante un’ulteriore galleria, la Montale. La troviamo in ristrutturazione quindi dobbiamo proseguire per la strada, altrimenti basterebbe entrare nel tunnel.

Quindi saliamo prendendo una scala sulla sinistra, sbuchiamo sulla strada asfaltata, la seguiamo in salita (verso sinistra). Dopo alcune centinaia di metri arriviamo all’ingresso della galleria incontrata più sotto in restauro. Qui, solitamente campeggia un bel trenino biancazzurro in esposizione, ma evidentemente è anche lui in restauro.
Sulla destra dell’ingresso della galleria, in Via Tana, dopo un centinaio di metri prendiamo un’ennesima scalinata, stavolta imponente e monumentale. In cima ci troviamo di fronte al Cantone di San Leo, un angolo un po’ spiazzante. Un monumento del 1937 che da un lato celebra la tradizione del paese con un bassorilievo raffigurante San Marino e San Leo, dall’altro testimonia come il governo dell’epoca non fosse proprio estraneo alle ideologie del regime della confinante Italia. Il cantone è il punto in cui San Marino e San Leo sono esattamente l’uno di fronte all’altro e la targa del bassorilievo recita una frase di Carducci che ricorda come, secondo la leggenda, i due protettori si lanciassero gli strumenti del mestiere, da un monte all’altro.

Proseguiamo la nostra passeggiata a sinistra, verso il centro città. L’occhio si perde sul panorama verso il monte Carpegna, massiccio dell’Appennino Tosco-Romagnolo. Arriviamo alla Porta di Murata Nuova, chiamata dai sammarinesi la porta dell’ospedale in memoria dell’antico uso dell’adiacente palazzo. Saliamo lungo le mura e arriviamo all’arco della Fratta. Facciamo una piccola deviazione scendendo di un centinaio di metri lungo Contrada Santa Croce dove incontriamo un altro angolo simbolo dell’antica repubblica, purtroppo oggi depauperato del dipinto, andato distrutto, che sanciva la nascita del paese.

L’immagine raffigurava Donna Felicissima, tenutaria del Monte Titano, che implora Marino affinché compia il miracolo di guarire il figlio rimasto paralizzato proprio mentre cercava di scagliare una freccia contro Marino stesso per cacciarlo dal Monte. Il Santo ovviamente compie il prodigio e Donna Felicissima regala il Titano al nostro eroe fondatore.
Ritorniamo alla porta della Fratta e prendiamo la via in salita. Non imbocchiamo la strada che porta alle torri alla nostra destra ma continuiamo il percorso meno turistico procedendo a sinistra. Passiamo le cisterne (sulla sinistra) entriamo nella terrazza del locale “il nido del falco” per regalare il mare al nostro sguardo e scendiamo verso gli Orti Borghesi sulla destra che offrono un bel punto di vista sulla Pieve. Ci prendiamo un attimo di riposo in questo raccolto angolo della città, che da qui appare ancora più bella.

Scendiamo nella piazza della Pieve, purtroppo non siamo abbastanza fortunati da trovare aperta la chiesetta di San Pietro, la cui abside è scavata direttamente nella roccia del monte così come i letti che appartennero a San Marino e San Leo. La cappella custodiva anche le reliquie del fondatore della repubblica prima della costruzione della Pieve, avvenuta a metà ottocento. La Pieve dà un bel colpo d’occhio alla piazza, però per permettere la sua costruzione è stata completamente demolita la cinquecentesca chiesa precedente, dal valore storico e artistico ben superiore di quella attuale. Forse non è stato proprio un affare. Scesi dalla piazza della Pieve giriamo affacciandoci su un bell’angolo che merita uno scatto.
Proseguiamo a destra, fino ad arrivare alla funivia per apprezzare la sconfinata vista su tutta la riviera romagnola facendoci spaziare per alcuni minuti su chilometri di costa. Scendiamo verso al cava dei Balestrieri, dove periodicamente viene tenuta viva l’antica tradizione del tiro con le balestre (info su http://www.federazionebalestrieri.sm). Arriviamo in Piazza Titano e sotto il portico della galleria della Cassa di risparmio ci piazziamo davanti al bassorilievo che narra la leggenda dell’addestramento dell’orso da parte di San Marino.

La formella ricorda quando il nostro protagonista, tornato da un’udienza dal Vescovo di Rimini, trova un orso che si sta divorando il suo fedele asino. Marino senza farsi intimorire dalla ferocia impone all’orso di prendere il posto dell’asino nei lavori di fatica e lo ammaestra come il più docile degli animali domestici.
Scendiamo percorrendo contrada Omerelli. Sulla destra incrociamo il Complesso di Santa Chiara, oggi sede di aule universitarie. Entriamo a curiosare nell’incantevole giardino, respirando la pace della clausura, almeno nelle giornate senza le lezioni. Anche questo è un angolo speciale: un pozzo, una vasca e alcuni reperti storici… sarebbe il luogo ideale per un vernissage di arte moderna o di una mostra di fotografia.

Proseguiamo la nostra passeggiata e ci imbattiamo nell’androne delle monache, una fessura nelle mura che racchiude una piccola scalinata che prendiamo per scendere. Proseguiamo a destra nel nuovo piano stradale fino alla Porta della Rupe, punto d’inizio del sentiero omonimo che circumnaviga il Monte Titano. Faremo solo il primo tratto di questo sentiero, una pittoresca e anche un po’ fiabesca scalinata, la Costa dell’Arnella, che scende verso Borgo Maggiore.


Borgo Maggiore è un vero e proprio borgo, raccolto ma distribuito su più livelli a ridosso del monte, suggestivo e affascinate luogo della Repubblica che noi vorremmo vedere brulicare di negozietti caratteristici di artigianato locale e prodotti tipici: chi vende ciondoli d’argento a forma di piuma, ninnoli di roccia arenaria, profumatori per ambienti alla Brezza del Titano e carta fatta a mano con fiori essiccati degli Orti Borghesi.

Purtroppo quest’immagine è frutto della nostra fantasia ma il bel porticato e le logge di Piazza Grande hanno tutte le potenzialità per candidarsi a centro conviviale dove si incrociano bella gente, cultura, storia e design.

Ad impreziosire la piazza c’è la chiesa di Sant’Antimo e Marino che custodisce un’immagine di Sant’Agata che il 5 febbraio di ogni anno, giorno di festa nazionale, viene trasportata fino alla Pieve per ricordare la liberazione dalla dominazione del Cardinale Alberoni nel 1740 che, con l’occupazione del Titano, volle contrastare l’espansione asburgica in centro Italia e farsi bello col Papa per chiedere la proroga del proprio mandato di legato pontificio. Narra una leggenda che in tempi remoti a causa di una straordinaria nevicata si dovette annullare la processione in onore di Sant’Agata ma, il mattino seguente, vennero trovate delle impronte di donna sulla neve che risalivano la costa (l’antica via che congiungeva Borgo e Città, in cima) arrivando alla Pieve. Pare quindi che la Santa abbia in quell’occasione provveduto da sé a onorare il rito a lei dedicato e da allora neppure le peggiori condizioni atmosferiche possono impedire la cerimonia.
Torniamo alla realtà e scendiamo fino al livello della strada, oltre il porticato. Al distributore di benzina attraversiamo le strisce, scendiamo alla base della funivia attraverso immancabili scale. Seguiamo le indicazioni per il parcheggio n.13 e ci ritroviamo sul sentiero iniziale, quello che per qualche metro costeggia la superstrada e andiamo a recuperare la macchina al Sacello.
Per qualche ora ci siamo concessi una piacevole passeggiata tra natura architettura storia e fantasia, abbiamo conosciuto qualche lato di questo Paese che purtroppo appare un po’ troppo timido nell’esporre le proprie bellezze e si mostra con parsimonia solo al viaggiatore curioso.
Per maggiori info: http://www.visitsanmarino.com/on-line/home.html
TRACCIA GPS
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FOTOGALLERY
Bellissima descrizione ed un’ottima proposta di un percorso interessante di San Marino. Lo dico davvero. Segnalo solo una svista, all’inizio, dal Sacello del Santo, viene indicato come visibile, tra gli altri, Montefiore, cosa impossibile da lì. Forse si voleva intendere Montemaggio. Saluti.
Grazie Mille!! Sia per i complimenti che per la segnalazione…in effetti intendevo Montebello! Ho provveduto alla correzione. Ancora grazie