di Francesca Orioli
Aprile 2017
Ogni isola dell’arcipelago delle Eolie ha la sua particolarità che la rende speciale ma Stromboli è qualcosa di più. Te ne innamori di giorno per il contrasto tra la luccicante sabbia nera e il bianco delle case del borgo Piscità, te ne innamori al calar del sole per i zampilli spettacolari che escono dal vivo cratere. E poi la Sciara del Fuoco, emblema della forza della natura.

La salita in cima ha reso tutto ancora più memorabile: 900 metri di dislivello ripagati da uno spettacolo unico.
Per salire in vetta allo Stromboli, oltre la quota dei 400 metri, è necessario essere accompagnati da una guida autorizzata. Moltissime sono le agenzie che organizzano la scalata, sia da Stromboli stessa che da Lipari. Per chi soggiorna a Lipari, l’isola più ricettiva dell’arcipelago, spesso la formula proposta prevede una partenza in tarda mattinata, sosta di un’ora a Panarea, arrivo a Stromboli per le 16, scalata e rientro per la mezzanotte, costo circa 80 euro (aprile 2017) comprensivo di viaggio a/r in motonave dedicata e guida. Noi optiamo per un fai da te, la formula simil-giapponese non ci convince: precluderebbe la visita al resto dell’isola di Stromboli e un’ora soltanto a Panarea non ci basta neanche per una granita come si deve. Quindi scegliamo il traghetto di linea da Lipari e il pernottamento a Stromboli, prenotando con l’agenzia soltanto la guida per la salita (costo 28 euro).
L’arrivo è già di per sé affascinante, perché il cucuzzolo di Stromboli non sfoggia solo la classica la nuvoletta ma anche il fumo che esce.
Sull’isola è tutto uno sfrecciare di apecar, che sembrano quasi fare a gara nei vicoletti stretti. Facciamo una passeggiata lungo il selvaggio lungomare che dà verso lo Strombolicchio e attraversiamo contrada Piscità, un piccolo borgo di case bianche inframmezzate da arbusti e palme. Ci sembra di essere nel presepe vicino alla farina gialla del deserto dei Magi.

Prendiamo il sentiero per l’Osservatorio, ora ristorante, per andare a vedere la Sciara del Fuoco. Il sentiero, semplice e piacevole, è un tripudio di profumi e colori: giallo di ginestre e verdi di ogni sfumatura scendono verso il blu intenso del mare. Poco sopra l’ex Osservatorio, a circa una quindicina di minuti di cammino, prendendo una deviazione del sentiero a destra tra i canneti, si arriva ad una piccola stazione di energia elettrica (visibile già dal basso per la tettoia). Da qui si osserva la ‘Sciara’ ovvero il versante che va giù dritto come un lato di triangolo isoscele dalla cima al mare, lasciando immaginare il percorso della colata lavica in periodi di intensa attività. La vista è davvero mozzafiato e imperdibile. Ritornando sul sentiero principale si può salire ancora per avere altri scorci ma noi per non fare tardi all’appuntamento con la guida non abbiamo proseguito.
Ritorniamo quindi in paese pronti per la salita. Indispensabili: scarponcini da trekk, torcia, maglietta di ricambio, giubbotto, abbigliamento a cipolla, acqua e panino. Non può mancare la macchina fotografica, possibilmente con cavalletto. La salita è costante dura circa 3 ore, a tratti il sentiero è sabbioso.

La guida ogni tanto fa una sosta e dà qualche spiegazione. Credo che il ritmo e la numerosità delle soste dipendano dal gruppo. A circa 15 minuti dalla vetta si fa una tappa un pò più lunga con cambio maglietta ‘fradicia’ e preparazione per la stratificazione degli indumenti. Appena va giù il sole fa freddo e nel rimanere fermi ad aspettare i zampilli è meglio essere ben bardati.
Ci piazziamo tutti sul bordo del cratere in alto, l’attività vulcanica è più in basso rispetto a noi: tanto fumo (appena arrivati si tossisce ma poi passa) e brontolii. Si aspetta il buio e si comincia a vedere qualche scheggia rossa…inizialmente poca roba, poi il botto, zampilli di fuoco e un coro di ohhh. Dopo una ventina di minuti un altro e un altro ancora, più in basso piccoli focolai continui. Lo spettacolo è incredibile, la natura viva ci sta regalando un’emozione intensissima.
Alle 20.40 la guida ci propone di scendere e tutto il gruppo acconsente, girato l’angolo un altro botto e un ‘ohh’ dell’ultimo gruppo non ancora partito. Pazienza. Il grande fratello ha già fatto la sua parte per noi stasera, non ci possiamo lamentare.
La discesa avviene per un “non sentiero” diverso dall’andata: durata meno di due ore, il tratto iniziale va giù dritto nella sabbia, poi diventa un normale zigzag ripido.
L’intraprendenza del vulcano attivo mi ha davvero impressionato, la potenza della terra che fa sentire la sua presenza mi ha affascinato quanto i geyser americani, anzi forse anche di più, complice il buio della notte, il gusto della ricompensa dopo lo sforzo della salita e, diciamolo, anche il fatto che è roba di casa nostra.
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