di Francesca Orioli
Agosto 2023
I pellegrinaggi hanno sempre esercitato su di me un certo fascino: forse quel ‘vorrei ma non posso’ conseguenza di una vita cadenzata da ritmi lavorativi poco compatibili con lunghi cammini e scelta di stagioni più propizie. Mi spingo però a cercare qualche palliativo, porzioni di transumanze che mi possano avvicinare allo spirito dei precorritori senza illudermi di entrarci nemmeno per una percentuale infinitesimale. La mia è voglia di conoscenza, cerco di entrare in punta di piedi per scrutare percorsi e tradizioni ritenute sacre da una porzione di umanità, con quella dose di razionalità che mi contraddistingue per portare a casa qualche tassello in più nel meraviglioso mosaico delle culture di questo mondo.
Nel fare ricerche per impostare il mio secondo viaggio in Giappone mi sono imbattuta nelle Tre Montagne Sacre di Dewa, un’area nella parte centro settentrionale dell’Honshu. Tre vette che racchiudono tanto misticismo e pratiche esoteriche da far affascinare anche la mente più pragmatica. Parliamo del monte Haguro (414 metri), del Gassan (1.984 metri) e dello Yudono (1.504 metri), un’area che fu tradizionalmente il ritiro spirituale dei monaci Yamabushi. Il termine indica ‘colui che si nasconde tra le montagne’ e si riferisce ad una particolare setta di monaci che seguivano un buddismo esoterico misto allo shintoismo e che cominciarono a popolare queste queste zone montuose dell’Honshu tra l’VIII e il IX secolo. Questi monaci seguivano pratiche ascetiche a stretto contatto con la natura ma praticavano l’arte guerriera come interpretazione della meditazione. Si dice fossero battaglieri invincibili dotati di poteri soprannaturali, un po’ santoni, un po’ samurai. Storicamente ebbero ruoli decisivi accanto ai ‘poteri forti’ perché prestavano i propri servigi ai potenti shogun, i generali della guerra, sia sul campo che come consiglieri degli eserciti. Insomma divennero una casta di grado molto elevato, a volte a fianco degli imperatori. Si mescolarono anche con i Ninja, guerrieri mercenari che vedevano l’arte della guerra in maniera decisamente meno nobile e leale dei samurai. Un rapporto natura-spada un po’ particolare.

Alla fine del XIX secolo la pratica di questa religione divenne vietata, oggi invece si cerca di far rivivere le tradizioni e di riprendere quella cultura e quei valori anche attraverso un’efficiente rete informativa on line e un ufficio turistico nella città di Tsuruoka molto attivo nella promozione dei luoghi. Luoghi che comunque rimangono ancora decisamente fuori dai percorsi turistici occidentali e pertanto non sempre molto semplici da approcciare. Più sotto raccolgo le informazioni pratiche per come organizzare due giorni di trekking in queste montagne.
Ma prima mi soffermo su un altro fenomeno importante caratteristico di queste zone: il processo di auto-mummificazione ‘Sokushinbutsu’. Una pratica accessibile solo a monaci particolarmente devoti improntati a diventare ‘Buddha’ attraverso l’atrofizzazione autoimposta del proprio corpo, per raggiungere lo stato di meditazione profonda e conquistare il Nirvana. La pratica prevedeva la progressiva privazione di alimentazione: il monaco si ritirava nelle montagne di Dewa, si nutriva solo di noci, semi e acqua per perdere la massa grassa. Dopo mille giorni, l’alimentazione si riduceva a cortecce, aghi e radici per asciugare sempre di più il fisico. Dopo questa ulteriore fase il monaco iniziava a bere un tè tossico a base di pianta ‘urushi’ (usata per laccare la ceramica) con il duplice scopo di perdere ulteriormente liquidi ma anche diventare repellente a larve ed insetti dopo la morte. In questa fase il monaco si doveva rinchiudere in una cripta grande come il proprio corpo e collegata all’esterno da una canna di bambù per far passare un minimo di aria, qui rimaneva in meditazione nella posizione del loto accompagnato da una campanella da suonare giornalmente. Quando il campanellino smetteva di suonare significava che la morte era sopraggiunta. A questo punto gli altri monaci sigillavano la cripta e dopo mille giorni verificavano lo stato di mummificazione: se il processo era andato a buon fine, il monaco veniva venerato come Buddha, se il corpo presentava segni di putrefazione bisognava operare un esorcismo e sigillare gli sfortunati resti. In questo malaugurato caso, monaco non veniva insignito dell’alta carica spirituale ma si meritava comunque il rispetto della comunità per aver essersi sottoposto ad un percorso tanto ardito.
Sembra che 24 monaci abbiamo raggiunto questo stadio di auto-mummificazione, e 11 mummie siano state ritrovate sul monte Yudono. Il Dainichibou Temple ai piedi dello Yudono conserva una di queste mummie.
Direi che ce n’è abbastanza per essere incuriositi e voler toccare con i propri piedi l’affascinante paesaggio delle Tre Montagne Sacre di Dewa e conoscere queste montagne dense di tradizioni. Le tre montagne rappresentano la nascita (monte Haguro), la morte (monte Gassan) e la rinascita (monte Yudono).
Andiamo oltre ogni misticismo, venerazioni varie e nirvana da raggiungere, concentriamoci sulle cartine, su aridi orari di autobus e prenotazione di taxi o navette per organizzare al meglio il trekking. Per poter camminare su tutte e tre le montagne in un colpo solo è necessario farlo in estate in quanto sia il monte Gassan che lo Yudono non sono accessibili nei mesi invernali, qui il clima sembra molto rigido e nevoso. Tendenzialmente sono necessari due giorni: uno per salire sul Gassan e scendere verso lo Yudono, un altro per l’Haguro e fare ritorno in città.
Noi partiamo dalla ‘morte’ – ovvero dal Gassan – non per toglierci subito un così grave fardello, ma per ragioni pratiche. Abbiamo optato per questo giro – effettuato a metà agosto:
- PERNOTTAMENTO A TSURUOKA
La città di riferimento per il giro è Tsuruoka, ci si arriva comodamente in treno e conviene pernottare proprio nei pressi della stazione per essere vicini al Bus Terminal S-Mall da dove parte il bus di linea per l’area di Dewa Sanzan. Noi abbiamo alloggiato al Hotel Route-Inn Tsuruoka Ekime (grande albergo non molto economico ma comodo e disponibile a tenere le valige per i due giorni del nostro trekking – attenzione da non confondere con Hotel Route-Inn Tsuruoka Inter che si trova all’interscambio sulla ‘statale’ della città e quindi scomodissimo al nostro scopo). Per lasciare le valige comunque ci sono storage box in stazione.
- BUS DA TSURUOKA A GASSAN HACHIGOME
Al mattino presto prendiamo il bus di linea delle 6.00 dall’S-Mall per Gassan Hachigome (orari: http://www.shonaikotsu.jp/english/tourism/haguro_tt.html) le corse si svolgono solo nei mesi di luglio-agosto-settembre e solo in alcuni giorni della settimana indicati sul sito.
Il bus impiega un totale di 2 ore per raggiungere la base di partenza per la salita al monte Gassan (fermata Gassan Hachigome), dopo circa un’ora arriva ad Haguro Sancho – la cima del monte Haguro – qui il bus rimane fermo una decina di minuti dando possibilità ai passeggeri di fare una tappa toilette e di percepire che è ancora molto caldo anche se si è avvolti dagli alberi. Da qui in poi si entra nell’area sacra nonché nell’area dove i bagni si pagano, cosa poco comune in Giappone che vince il primo premio per presenza bagni, loro pulizia e gratuità. Saranno i dogmi della religione, ma statisticamente quando c’è la fede di mezzo si paga sempre tutto. E tutto il mondo è paese. Dall’Haguro in poi il bus si immerge nel verde brillante e con un’altra oretta di strada raggiunge Gassan Hachigome, base di partenza per la salita al Gassan.
- SALITA AL GASSAN
Scesi dal bus a Gassan Hachigome – siamo a circa 1400 m s.l.m. – ci aspettano quindi 600 m di dislivello. Cominciamo a scarpinare alle h. 8.00 I cartelli ufficiali danno dalle 3 alle 4 ore per raggiungere la cima. Noi ce ne mettiamo circa 3, con tanto di tappe foto: il percorso non è assolutamente difficile per chi è abituato a camminare in montagna. Il sentiero è stato pazientemente lastricato con grandi rocce per cui è necessario prestare attenzione a dove si mettono i piedi, temo che in caso di pioggia, possa diventare abbastanza scivoloso.
Incontriamo diversi pellegrini vestiti di bianco con il classico cappello di paglia che vengono a rendere omaggio alla storia mistica di questi luoghi. Tutti i camminatori, anche quelli in vesti ‘borghesi’ hanno addosso un campanellino il cui suono ritma ogni passo. Il caldo afoso e il bel cielo blu che ci accompagnano per tutta la salita, ci abbandonano a pochi passi dalla vetta: come una maledizione, arrivano le nuvole che ci coprono il panorama e anche un bel freddo e vento che ci impongono un giacchetto. Entriamo nell’area del tempio, ci facciamo coinvolgere nel rituale con santone che ci da un bigliettino che dobbiamo passarci sul corpo, sul quale dobbiamo soffiare e lasciare poi, alla fine della breve cerimonia, nell’acqua.
I più devoti partecipano anche ad un altro momento di raccoglimento con biglietti dei desideri e lancio di monetine verso specchietti sul tempio. Per ogni cerimoniale ovviamente è prevista una gabella da pagare.
- DISCESA DAL GASSAN ALLO YUDONO – TAXI DA MT YUDONO A MT HAGURO
Procediamo poi in discesa verso lo Yudono alla ricerca della nostra rinascita interiore, il panorama di dolci montagne verdi si apre davanti a noi.
La discesa è inizialmente tranquilla, dopo meno di un’oretta ci troviamo di fronte ad un bivio con cartelli rigorosamente in giapponese. La scelta è ardua perché il 99% delle persone prende a sinistra mente le nostre informazioni indicano a destra. Abbiamo preso a destra, pochi ma buoni e ci siamo messi nel giusto cammino.
Dopo circa 20 minuti un altro bivio, questo un po’ più chiaro: in salita si va a Ubagatake, a destra verso Yudonosan. Di quell’1% che aveva preso a destra al primo bivio, il 100% sale, nessuno verso lo Yudono. Non ci capacitiamo di questa scelta, perché i camminatori non completano il cammino sacro? Beh innanzitutto scopriamo che la discesa dopo un’oretta diventa decisamente impegnativa con un susseguirsi di scalette di ferro ripide per perdere velocemente quota.
Inoltre al tempio dello Yudono ci si arriva comodamente in auto quindi molti scelgono questa via semplificata. Infine il fatto che non ci siano mezzi è estremamente limitante per chi è partito da un altro punto. Ma noi perseguiamo il nostro obiettivo. Arriviamo finalmente al tempio ma qui la bocca è cucita, non racconto nulla, rispetto il silenzio che la tradizione impone. Ho scoperto successivamente che in rete si trova qualche info ma invito tutti a non rovinare il sacro vincolo né la sorpresa. Dal tempio al parcheggio – Senninzawa parking lot – ci sono circa due chilometri di strada asfaltata (eventualmente c’è una navetta che fa la spola), si è guidati da un torii rosso gigante che si vede in lontananza e che sbuca sopra gli alberi. Arriviamo verso le 16, e in attesa del taxi prenotato per le 17 visitiamo le statue sacre attorno al torii.
Per la prenotazione del taxi noi ci siamo rivolti all’ufficio del turismo di Tsuruoka qualche giorno prima contattandolo tramite Facebook come ‘Tsuruoka Land of Dewa’; fisicamente ’ufficio si trova davanti alla stazione dei treni della città ma è contattabile su intenet (https://www.tsuruokacity.com/degam-tsuruoka-tourism-bureau-contact-us.
Ci facciamo portare alla guest house Tamonkan che si trova alla base del monte Haguro, il tragitto è più o meno un’oretta, il prezzo del taxi è di circa 7000 yen (chiedete all’ufficio del turismo eventualmente se ci possono essere altre persone interessate per poter dividere la spesa).
Il Tamonkan è un ryokan con onsen e bagni in comune, con gestori estremamente gentili. La struttura è vicina alla fermata del bus Haguro Zuishimmon – utile per il ritorno a Tsuruoka il giorno successivo – la sera non c’è nulla nei dintorni per cenare quindi conviene prenotare la mezza pensione: cena e colazione sono in stile tradizionale con tante piccole porzioni di sapori tipici. C’è anche chi sceglie di pernottare al monastero Seikan in cima all’Haguro e può essere sicuramente un’opzione interessante.
- SALITA AL MT HAGURO – DISCESA – RIENTRO A TSURUOKA

Al mattino affrontiamo la salita al monte Haguro che avviene attraverso 2446 scalini per 1,7 km. La fatica si sente anche perché il caldo umido è impregnante, se l’Haguro simboleggia la nascita, la salita infinita dei gradini è sicuramente un parto.
Il paesaggio però è meraviglioso, il monte è ammantato da 585 cedri giapponesi imponenti. Alla base campeggia una pagoda che, vedendo le immagini, dovrebbe essere stupenda, ma purtroppo è in ristrutturazione e quindi tutta impacchettata. La salita è accompagnata da templi e tempietti, quando si arriva in cima ci accoglie un grande tempio con il tetto di paglia che ricorda le case tradizionali della zona di Shirikawa-go e Gokayama. Purtroppo anche qui una parte della struttura è sotto cantiere e arriva anche una pioggia infernale a guastarci il momento. Procediamo quindi con la discesa per prendere il bus dalla base del monte (fermata Haguro Zuishimmon), ma ci sono anche bus che partono dalla cima (Haguro Sancho) – valutare in base agli orari cosa viene più comodo, tenendo presente che alcuni bus non fanno entrambe le fermate. Torniamo quindi a Tsuruoka a recuperare i bagagli all’hotel, facciamo anche un salto all’ufficio del turismo per ringraziare di persona i gentilissimi impiegati che ci hanno organizzato il servizio taxi con estrema efficienza.
Portiamo a casa un’esperienza che mi piace definire ‘vera’, lontana dai classici circuiti, abbiamo camminato a fianco di molte persone devote che avanzavano con il loro campanellino appeso alla maglia o allo zaino, abbiamo assistito a pratiche propiziatorie mai viste prima. Il tutto in un’atmosfera di scampagnata della domenica in famiglia o fra amici in totale tranquillità tra paesaggi rilassanti e rigogliosi. Una parte di Giappone frequentato quasi esclusivamente da giapponesi, un modo per avvicinarsi sempre un po’ di più alla cultura di questo intrigante popolo.