di Francesca Orioli
Agosto 2018
Un viaggio di di 24 giorni effettivi in agosto nel sud dell’India. Visita ai templi del Tamil Nadu, al suo rigenerante entroterra e al sud del Karnataka, trovando affascinanti alternative ad un irraggiungibile Kerala devastato dalle inondazioni.
TRASPORTI-METEO-VISTO
Il viaggio è stato organizzato in autonomia con arrivo all’aeroporto di Chennai e ripartenza da Bengalore, voli Jet Airways. Abbiamo utilizzato per qualche spostamento i mezzi pubblici ma per due terzi del viaggio abbiamo prenotato auto con autista. I viaggi con i mezzi pubblici sono senz’altro un’esperienza da provare per vivere la vera India ma risultano fisicamente devastanti e molto dispendiosi in termini di tempo, di contro però hanno prezzi irrisori. Per l’auto con autista noi ci siamo rivolti all’agenzia locale (prenotando dall’Italia) MJ Tours&Travel con la quale ci siamo trovati molto bene. Gli alberghi sono stati prenotati con booking (in alcuni rari casi è segnalato nelle condizioni il rifiuto di soggiorno a coppie non sposate e richiesto il certificato di matrimonio) .
Come valigia abbiamo optato per lo zaino ‘da montagna’, molto pratico per gli spostamenti con i mezzi pubblici.
Agosto non è certamente il periodo migliore: mentre i monsoni stavano devastando il Kerala (e non è stato possibile visitarlo per cui abbiamo rivisto in corsa il nostro programma) le nostre settimane nel Tamil Nadu e sud Karnataka sono state per lo più buone, le piogge non frequenti, il caldo e l’umidità sopportabili. Più piovoso l’entroterra tra Kodaikanal e Ooty, qui il clima è anche più freddo perché l’altitudine è sui 2000 m.
Visto: e-visa tramite il sito ufficiale governativo https://indianvisaonline.gov.in/
Ecco le tappe giorno per giorno
GIORNO 1
Arrivo a Chennai. Per il taxi dall’aeroporto al centro città ci siamo rivolti allo sportello del ‘pre-paid taxi’ ufficiale, un piccolo ufficio prima dell’uscita (aperto anche all’una di notte -presumibilmente H24), vicino al cambiavalute. Costo del taxi dall’aeroporto: 450 rupie (di notte). Cambio in città: nel caso di giorni di chiusura delle banche, di fronte alla stazione di Chennai Beach accanto al Police Hospital c’è un exchange.
Chennai non merita una visita, noi ci siamo rimasti una mezza giornata ma non ci abbiamo trovato nulla di interessante.
Nel pomeriggio trasferimento a Kanchipuram, città sacra dell’India del Sud e famosa per le sari da sposa in seta pura. Ci si arriva sia con il treno dalle stazioni di Chennai Beach/Chennai Park/Chennai Egmore/Mambalan ma i treni non sono molto frequenti, oppure con bus statale dalla stazione CMBT (chiedere perché le scritte sono in hindi, il biglietto si fa sul bus). Noi abbiamo preso il bus, ci ha messo quasi 3 ore per fare 75 km, traffico devastante, rischio molto alto di rimanere in piedi, costo irrisorio.
Arrivati a Kanchipuram facciamo primo giro di perlustrazione con visita al tempio Kamakshi Amman, dedicato alla dea Parvati moglie di Shiva.

Pernottamento: Ssk Grand più che decoroso, in centro. Colazione all’indiana, per cominciare subito in bellezza.
Pasti: hotel Saravana Bhavan, molto buono (la sala con aria condizionata ha i prezzi più elevati – e si gela).
GIORNO 2
Sveglia all’alba per goderci un paio di templi in religioso, quanto inusuale, silenzio. Cominciamo dal Vaikunda Perunal Temple, raccolto e suggestivo il percorso attorno al sacrario centrale del tempio che dà l’idea di un chiostro. Visitiamo poi il Kachapeshwarar Temple, particolare l’albero all’esterno costellato di statuette votive. Proseguiamo con il Ekambaranahta Temple con i suoi ampi corridoi che portano ad un cortile con un albero di mango. Il cuore del tempio dove dovrebbe essere conservato il lingam di argilla è proibito ai non indu. Il custode ci fa cenno che, sotto compenso, potrebbe chiudere un occhio e farci entrare. Rifiutiamo infastiditi, non vogliamo favorire la svendita dei propri valori in nome del dio turismo. Poi prendiamo un tuc tuc per il Varadaraja Temple (a noi ha fatto 150 rupie solo andata): è molto bella la sala nuziale delle 100 colonne finemente scolpite, il nucleo centrale del tempio non è accessibile. Per il ritorno decidiamo di farci una lunga passeggiata fino in centro (4 km) curiosando tra le boutique di preziosi sari di seta e abiti da uomo da cerimonia in stile maharaja.

Alla riapertura pomeridiana dei templi ci facciamo portare da un tuc tuc al Kailasanathar Temple il più antico e sicuramente tra i più interessanti di Kanchipuram. Il tuc tuc dovrebbe costare sui 50 la corsa ma noi ci siamo fatti fregare perché avevamo inteso fosse più distante e abbiamo “tirato” poco, si potrebbe andare anche a piedi con una bella passeggiata di un paio di km.
Pasti: Upashana veg rest (di fianco all’hotel Ssk Grand)
GIORNI 3-4-5
Trasferimento a Mamallapuram con bus pubblico. Ci sono solo pochi bus diretti (ad esempio uno verso le 9,30), più frequenti quelli con cambio a Chettalpatu.
I nostri giorni a Mamallapuram sono in buona parte legati all’esperienza presso la onlus Malar Trust (qui il racconto dei nostri giorni presso questa seria associazione). Per la visita dei siti di interesse storico può essere sufficiente una giornata. Si visita lo Shore Temple, il tempio sulla spiaggia che fino al 2004 prima dello tsunami aveva la vista sul mare (ora è stata creata una barriera per proteggerlo) e i Five Rhatas i cinque tempi creati ognuno scavando giganteschi blocchi di roccia.

Per Shore Temple e Five Rhatas il biglietto per i non indiani è costosissimo: 700 rupie per l’ingresso cumulativo. La cosa più particolare e interessante è invece gratuita: il bassorilievo Arjuna’s Penance, un capolavoro che narra episodi mitologici indù. Il parco che circonda il bassorilievo è una altura rocciosa dove è piacevole camminare, riposare e osservare intere famiglie indiane prendersi un momento di relax e far giocare i bambini che si divertono come matti nello scivolo naturale sulle rocce sotto il Khrishna Butterball il grande masso che sta in equilibrio senza una logica spiegazione. A 5 km a nord dal centro l’interessante parco delle Tiger Caves.
Pasti: Hotel Sri Amanda Bhavan, catena A2B Adyar Ananda Bhavan (un pò fuori dal centro), Mamalla Bhavan accanto alla Bus Station. Ristorante Bambino sul mare abbiamo mangiato un ottimo pesce alla griglia non elaborato e freschissimo (vista la posizione è sicuramente turistico ma ci hanno portato i locali, in 4 abbiamo speso 3200 rupie con 3 birre).
Nella zona centrale della cittadina, nella via dei negozi, ci sono cambiavalute.
GIORNO 6
Arriviamo a Pondicerry con bus pubblico, stipato di gente ma un po’ si svuota nel tragitto. Pondy non ci entusiasma particolarmente: lo Sri Auribondo Ashram sembra concentrare pace e amore nella vendita di libri, il quartiere francese che dovrebbe farmi sentire a casa come dicono (fra l’altro non ci tengo) ci ricorda il sudamerica, la cosa più piacevole è la passeggiata sul lungomare per osservare la gente: uomini che fanno il bagno, donne che guardano e li aspettano.

Pernottamento: Oyo Bouvana Residency, discreto
Pasti: pranzo catena Hot Chips in Anna Salai (davanti al centro commerciale Pothy), cena Karaikal Chettinad Restaurant
GIORNO 7
Da oggi abbiamo l’autista, Qball, che ci recupera al nostro albergo. La meta prefissata è Auroville ma a seguito della morte di un politico influente le visite sono sospese. Proseguiamo in direzione Tiruvannamalai con sosta all’interessante sito archeologico di Gingee, spesso usato come set nei film di Bollywood. Fa molto caldo e per la salita alla collina Rajagiri, una delle tre che compongono Gingee, è necessaria molta acqua e qualcosa per coprirsi la testa.

Arrivati a Tiruvannamalai visitiamo il Arunachakerswar Temple – della dinastia chola – è molto esteso, circa 10 ettari racchiuso tra 4 altissimi ‘gopuram’ bianchi, le torri di ingresso. Come molti altri templi è luogo di incontro e di siesta, alcune parti interne chiudono qualche ora dopo pranzo, per riaprire verso le 15,30. Passeggiata sulla montagna Arunachala, fino alle prime pendici seguendo il percorso degli Ashram (alcuni chiudono alle 16,30).

Pernottamento: Sri Sarvesha JS Palace, ottimo
Pasti: catena Annapoorna
GIORNO 8
Partenza alle 7 per Chidambaran, dove si trova lo spettacolare Nataraja Temple, il tempio della danza cosmica di Shiva. Riti propiziatori a profusione, fuochi accesi intorno al sacrario, donne che pregano davanti al lingam di Shiva, offerte in cambio di una polverina bianca da sparmarsi sulla fronte con l’aiuto di piccoli specchi disposti nel tempio: un luogo di venerazione che suscita riverenza e rispetto.

Ripartenza nel pomeriggio per Kumbakonam, con tappa al tempio Gangajkonda Cholapuram, antico tempio della dinastia chola.
A Kumbakonam visita al Sri Sarangapani Temple che contiene al suo interno una stalla per il bestiame in nome di Krishna pastore, e al Adi Kumberswarar Temple, dove un povero elefante con occhi tristi è costretto a mimare una danza come un automa e benedire i fedeli.
Pernottamento: Raya’s Grand, ottimo
GIORNO 9
Visita al Airatesvata Temple a Darasuram, a 3 km da Kumbakonam, anch’esso risalente al periodo chola, tempio straordinario con preziose colonne in pietra finemente cesellate, sculture incantevoli e un’originale scalinata sorretta da elefanti in arenaria e carri trainati da cavalli.

Si riparte per Thanjavur (Tanjore). Visita al Royal Palace, residenza di corte al tempo del regno dei Maratha nel tardo 1600. Il complesso è abbastanza decadente ma dà l’idea dello sfarzo dell’epoca, particolarmente meritevole la sala Darbar Hall. Nel pomeriggio visita al Brihadishwara Temple, il Grande Tempio, esemplare testimonianza delle manie di grandezze del re chola Rajaraja che regnò tra il 985 e il 1014. Il magnificente tempio fu eretto in tempi record sotto la guida degli architetti più in voga del momento, interamente in granito, con il preciso scopo di stupire e lasciare esterrefatti. Scopo raggiunto, con effetti anche nei secoli successivi fino ai giorni nostri. Meta di visite e pellegrinaggi da molte parti dell’India del Sud, il Grande Tempio è organizzato per ricevere grandi masse con un ampio parcheggio antistante l’ingresso. Riti sacri come la pulizia delle statue e la coda per ricevere la polverina ma anche turisti (indiani) scatenati con i selfie e foto con noi quasi unici occidentali, picnic di famiglia. E’ bello rimanere seduti ad osservare le scene, giovani che se la cavano bene con l’inglese (meglio di noi) si avvicinano per chiacchierare e confrontare usi costumi e tradizioni, e per chiederci se è più bella la Svizzera o l’Italia!

Pasti: Vasanta bhavan, thali buono ed economicissimo
Pernottamento: Gnanam Residency, ottimo
GIORNO 10
Ci spostiamo a Trichy il nomignolo di Tiruchirappalli, visita al Sri Jambukeshwara Temple e all’imperdibile Sri Ranganathaswamy Temple, un tempio grandissimo e labirintico. Con 20 rupie si può salire sulla terrazza per godere di una prospettiva un po’ diversa. Col caldo soffocante la gente rimane all’ombra per fare siesta, all’interno c’è un’insolita ‘promenade’ ombreggiata e uno spiazzante ammasso di lucchetti di buon auspicio.

Sotto il sole cocente saliamo sulla collina del Rock Fort: a dirla tutta ci scampiamo una buona fetta di scalinata perché il nostro autista ci lascia in un punto dove si può arrivare con l’auto e ci risparmia un bel po’ di fatica e sudore.
Nel pomeriggio si parte per Chettinad, una cittadina che ha totalmente perso i fasti di un tempo, quando il facoltoso fondatore dell’Indian Bank la rese un gioiello. Noi siamo rimasti molto delusi, anche la Chettinad Mansion, un palazzo di inizio ‘900 ora trasformato in albergo di lusso dove avevamo deciso di concederci una notte da maharaja, non ci ha del tutto entusiasmato. Proprio per questo albergo la cittadina è abituata a turisti occidentali, qui è l’unico posto di tutto il viaggio dove dei bambini ci sono venuti incontro chiedendoci ‘pen’ o ‘chocolate’.
Pernottamento: Chettinad Mansion, per un trattamento da principi, sinceramente non lo rifarei.
Pasti: alla sera a Chettinad non c’è niente di aperto, quindi cena in albergo, buona e con prezzi commisurati al trattamento di lusso.
GIORNO 11
Arriviamo a Madurai e lasciamo il nostro primo autista. Visitiamo il Ghandi Museum dove non può non rimanere impressa la lettera che il Mathama scrisse a Hitler esposta in mostra.

Poi il Tirumalai Nayak Palace, grande e maestoso e il magnifico Meenakshi Amman Temple. All’interno macchine fotografiche e cellulari sono assolutamente proibiti, così come tutto il resto della borsa o dello zaino. Ma niente paura se non potete fare a meno della foto ricordo c’è un diligente fotografo ai bordi della vasca sacra che vi spara il flash in faccia e vi immortala come in un fotoromanzo. Noi ci mordiamo le mani, il cielo azzurro e la luce del tramonto avrebbero impresso foto fiabesche. Verso le 19 (ma l’orario è variabile) inizia la cerimonia della dea Meenakshi che viene data in sposa a Shiva: suoni di trombe, salamelecchi a noi incomprensibili, travasi rituali di acqua, attorcigliamenti di fiori. Ammassi di gente che cerca di vedere, che si accalca, che strattona bambini affinché anch’essi vedano, insomma un macello, ma fa parte del gioco e bisogna soffrire con loro, anche se, come non indu, non ci si può avvicinare al sacrario dove avviene la parte più sacra della cerimonia.
Pernottamento: Senthil Residency, molto spartano, discretamente pulito, ottima posizione non distante dal tempio (visto che bisogna lasciare lo zaino per entrare nel tempio, viene comodo).
Pasti: Sri Sabaresesh
GIORNO 12
Lasciamo le valige al Senthil Residency (che si è dimostrato affidabile) e prendiamo il treno per Raameswaran, l’ultimo lembo ad est dell’India del sud. Un’esperienza incredibile, che immerge nello spirito dei pellegrini ma allo stesso tempo della voglia di svago degli indiani in vacanza L’approfondimento qui: RAAMESWARAN LACRIME DI SHIVA

GIORNO 13
Dopo la mattinata a Raameswaran rientriamo a Madurai, ci rifranchiamo dal viaggio con un Jigarthanda, la bevanda tipica a base di latte di mandorla (i nostri stomaci dopo due settimane ormai reggono tutto), andiamo a caccia di sete preziose e ci imbattiamo nel curioso mercato delle banane.

Pernottamento: Senthil Residency
Pasti: catena A2B Adyar Ananda Bhavan
GIORNO 14
Incontro con il nostro secondo autista della vacanza, il mitico Mani. Non potendo raggiungere il Kerala optiamo per un paio di giorni a Kodaikanal, amena località nei Ghati occidentali, le montagne del Tamil Nadu. Kodaikanal è l’ennesima faccia dell’India: la cittadina offre uno spaccato di vita delle famiglie indiane in vacanza: una Sirmione dell’India del Sud, per rigenerarsi al fresco lontano dalle polverose e caotiche città della pianura. Qui si percepisce un’India leggermente più ordinata, un po’ più sensibile ai temi dell’ ecologia. Un po’…ma senza esagerare, qualche cartello ‘save water’ e ‘use dust bin’ che non sempre vengono rispettati. Giro intorno al lago, una delle principali attrattive, costellato di noleggi bici, noleggi barche, cavalli per passeggiate, bancarelle e qualche attrazione da luna park. Qui fa freddo, è necessario munirsi di scarpe chiuse, felpa e giubbotto. Le specialità sono la cioccolata (che finalmente non si squaglia), l’olio di eucalipto e le spezie. Mi sono fatta l’idea che capitarci nei weekend (come nel nostro caso) ci sia più movimento.

Pernottamento: Kings Castlle, nella parte alta di Kodaikanal
Pasti: Hill Top, cibo indiano come lo conosciamo da noi (chicken tikka buonissimo), prezzi più alti della media
GIORNO 15
Con l’aiuto del proprietario del nostro alloggio contattiamo la guida Johnkennedy per una piacevole passeggiata tra i boschi. Il costo è molto elevato per gli standard indiani, 1500 rupie per due persone per un giro di 5 ore. La giungla indiana ci offre cascate, eucalipti, mimose, piante di lemongrass, scimmie nere, uccellini arancioni e pure qualche simil-bisonte. Abbiamo percorso circa 7,5 km con 300 metri di dislivello, altitudine sui 2000 metri, si scivola un po’ ma normali scarpe da ginnastica possono essere sufficienti.

Scopriamo che nella parte alta della cittadina proliferano altre attività ludiche che sembrano andare alla grande tra i turisti indiani scaricati dai pullman: river park adventure, museo delle cere e cose così. Di sera però in questa zona tutto chiude
Pasti: Jakob’s Kitchen (nella parte alta di Kodaikanal – di sera potrebbe essere chiuso)
GIORNO 16
Con il nostro autista facciamo il giro dei viewpoint, anche se il tempo, tra nebbia e nubi basse, non aiuta. Ecco i principali: Lake view, Moir view (a pagamento), Point Forest, Guna Cave (la vista non ci è permessa dalle condizioni atmosferiche ma le radici degli alberi circostanti sono mostruosamente affascinanti), Pillar Rock (a pagamento), la Green Valley View (Suicide Point). Ci facciamo accompagnare anche all’inizio della passeggiata al Dolphin’s nose che prevede un chilometro di discesa e corrispondente risalita, il percorso è molto bello perché immerso nella natura ma invaso dall’immondizia, la vista l’abbiamo dovuta immaginare dato il meteo avverso. Ultima tappa Coaker’s view (a pagamento) che offre un bel panorama su cui spicca una montagna conica.

Partiamo per il lungo viaggio verso Mettupalayam. Scendendo da Kodaikanal la strada è molto scenica, è tutta una distesa di palme da cocco e alberi di mango. Mettupalayam è la base di partenza per il ‘trenino blu delle montagne blu’ ma non è di alcun interesse.
Pernottamento: Hotel Catnap, abbastanza orribile ma, per volendo rimanere vicino alla stazione, non c’è molto altro.
GIORNO 17
Lasciamo il bagaglio principale al nostro autista (che ritroveremo a Ooty) e all’alba ci incamminiamo verso la stazione per l’avventura con il Toy Train patrimonio Unesco: esperienza assolutamente consigliata, il racconto e la trafila per la prenotazione dei biglietti nell’articolo dedicato IL TRENINO BLU DELLE MONTAGNE BLU

A Ooty (nome indiano Udhagamandalam) Mani ci accompagna in auto per il caotico centro turistico: visitiamo una Tea Factory (ce ne sono diverse) che consente gratuitamente di farsi un’idea dei macchinari per la lavorazione del tè, facciamo un giro (sotto l’acqua) al bel giardino botanico e andiamo a prenotare una passeggiata per il giorno successivo alle piantagioni di tè (noi ci siamo rivolti alla Royal Travel, costo 700 rupie a testa per una mezza giornata – ci si può rivolgere anche all’ufficio del turismo).
Pernottamento: Hotel Rainbow Palace, bella vista e tutto sommato pulito con buon cibo, l’umidità credo sia compresa nel prezzo di molti degli alberghi di Ooty.
GIORNO 18
Con la guida Antony, che parla un buon inglese, e altri tre europei, facciamo una bella passeggiata di qualche ora per ammirare le piantagioni di tè e i villaggi rurali di Ooty: è chiaramente una gita per occidentali, lo si capisce anche dal prezzo proibitivo per gli indiani ma è molto piacevole e utile per l’esplorazione della zona.

Nel pomeriggio risaliamo in macchina verso Mysore, attraversando l’inaspettata Mudumalai Tiger Reserve che ci sorprende con elefanti, daini e pavoni visibili dal finestrino (ma niente tigri…). Siamo nello stato del Karnataka.

Pernottamento: Sandesh Pride a Mysore (cugino ‘povero’ del vicino Sandesh the Prince, ma decisamente più che decoroso e sicuramente meno borioso.
Pasti: a Mysore Purohit, un thali particolare con dessert incluso di crema al limone e ‘baba’ analcolico, ottimo.
GIORNO 19
Giro a piedi per Mysore, lasciamo in ferie Mani: Devaraya Market per comprare spezie per due soldi (100 gr per 20-30 rupie) e ammirare il particolare mercato dei fiori dove boccioli e corolle, privati dei gambi, vengono infilati a mo’ di collane chilometriche, festoni e merletti o semplicemente venduti a peso. Visitiamo l’opulento Mysore Palace, quintessenza del lusso e della ricchezza del maharaja. Da qualche parte avevamo letto che non erano ammesse macchine fotografiche, per fortuna non è così.

GIORNO 20
Gita in auto a Srirangapathna, residenza estiva del sultano Tipu. L’esterno delude ma l’interno meraviglia: legno di palissandro dipinto e intarsiato. Visitiamo anche il mausoleo Gumbaz a 2 km dal palazzo. Qui l’effetto contrario: l’esterno affascinante, l’interno scarso. Ci spostiamo a Somnathpur, un incantevole tempio del periodo Hoysala, dinastia che regnò nel sud dell’India tra il X e il XIV secolo, magistralmente e minuziosamente scolpito per narrare storie e vicende sicuramente epiche. Stupendo.

Sulla strada per Mysore il nostro autista ci tiene a farci visitare il Lalitha Palace, ex residenza di maharaja ora albergo di lusso: si può visitare con 100 rupie, maestoso l’esterno ma col senno di poi lo salterei.
Pasti: a Mysore Caffè Aramane, buon thali in edificio storico
GIORNO 21
Ancora un giro per Mysore, tappa consigliata dal nostro autista in un negozio che vende olio di sandalo (a caro prezzo), e trasferimento verso Hassan, comoda base per visitare i templi gioiello del sud Karnataka Halebidu e Belur. Lungo la strada chiediamo una deviazione verso la Shettihalli Rosary Church, una chiesa francese dell’ottocento sommersa dalle acque: in agosto, periodo di piogge, l’acqua arriva fin quasi al tetto. E’ una visione tanto inusuale quanto affascinate, ne rimane sorpreso anche Mani che non l’aveva mai vista. Anche il paesaggio circostante fatto di verdissime risaie è strabiliante. Si trova a 20 km da Hassan, la strada ha un po’ di buche ma fattibile con una macchina normale andando adagio.

Hassan invece ci accoglie con una discarica con annesse mucche ruspanti e al primo impatto non può che apparirci caotica e inospitale. Poi, passeggiando per i negozi (visto che qui non c’è altro da fare) scopriamo una città ‘moderna’, istruita e vivibile. Qui più che altrove troviamo abiti diversi dai tradizionali sari, tanti college, farmacie, studi medici, anche uno specialista maxillo-facciale che sicuro si fa pagare meno della mia dottoressa.
Pernottamento: Hotel Palguni (Hassan), nuovo e pulitissimo con ottimo rapporto qualità prezzo
Pasti: ristorante annesso all’hotel Palguni per un thali a pranzo e cena al Surabhi’s Pharivar con ottimo pollo tandoori e chiken tikka masala
GIORNO 22
Visita ai due straordinari templi di Belur e Halebidu, antiche capitali del regno Hoysala. Sapientemente e riccamente scolpite, le loro pareti sono come pagine di un libro: elefanti, draghi, ippopotami, cavalli, scimmie e papere di pietra accompagnano tutti gli dei per raccontarci i dogmi dei testi sacri, le battaglie, le danze e le sonate idilliache.

GIORNO 23
Abbandoniamo Hassan e partiamo per Sravanabelagola, tempio che accoglie la veneratissima statua gigante in cima alla collina, il colosso di Gomateshuara, il mito giainista. Forse siamo stati fortunati a capitarci di domenica: fiotti di fedeli invocano benedizioni e cercano protezione divina: salgono in cima all’invadente impalcatura in ferro per lanciare acqua e misture tipo yogurt sulla testa del gigante, pregano ai suoi piedi, ricevono unguenti sulla testa dai santoni, ripetono mantra rimestando riso. Ma anche qui fare foto e selfie è lo svago preferito.

Lasciamo Sravanabelagola e…lasciamo l’India, un’autostrada ci porta all’ultima tappa del nostro viaggio, Bengalore e fine dei giochi. Il capoluogo del Karnataka al primo impatto non ci regala mucche brucanti, capre e cani per strada, negozietti nelle baracche. Qui c’è la Deloitte, la Porsche, la BMV, un centro commerciale in cui mi sono sentita una stracciona. India finita? Forse, l’ultimo giorno poi ci ha riservato una sorpresa. Intanto prendiamo la metro e andiamo a vedere il Vidana Soudha, il mastodontico palazzo del governo che nessun grandangolo potrà mai riprendere tutto intero e la High Court, il rosso edificio di fronte, immerso nel piacevole parco Cubbon.
Pernottamento: Hotel Southern Star, buon livello vicino al Cubbon Park, a 600 metri dalla metro e altrettanti dalla fermata dei bus che portano all’aeroporto (fermata in Queens road di fronte al cancello 12 dello stadio)
GIORNO 24
Ultimissimo giorno, poi è finita davvero. Visitiamo il Forte, più che evitabile, ma ci passiamo per andare al Krishnarajendra Market. Qui rientriamo nello spirito indiano che ci ha accompagnato per tre settimane abbondanti ma in tutto il nostro viaggio non abbiamo mai visto un mercato così sporco, è una vera discarica di un puzzo pungente e non c è profumo di limoni, spezie o di fiori che tenga. La peggior vista è nella via dei negozi di pesce secco dove di fronte a operai che separano il rame da fili elettrici c’è un area-pollaio al coperto. Salgo a malapena il primo gradino: polli morti spennati appesi ‘convivono’ con polli vivi tra il viavai della gente con strati di cacche mischiate alle piume rinsecchite. Mai vista fu più inquitante E mi sono fermata al primo gradino.

Con la metro da Chilpetex andiamo alla fermata Mahalaskimiper il tempio degli Hare Krishna. C’è il mondo di gente, pare sia il compleanno del santone fondatore. L’interno è un percorso obbligato, sembra di essere all’Ikea. Non si possono portare macchine fotografiche, c’è un deposito o si entra a turno. Seguo la fila, prima dell’ingresso al tempio un harehare mi ingaggia per recitare il mantra già colonna sonora del musical Hair, non riesco a fingere di seguirlo e dopo un po’ mi lascia andare. Il tempio è un mix di kitch vari: oro e composizioni di fiori ai massimi livelli. La miscredente che c’è in me non vede l’ora di uscire. Non prima del passaggio obbligato al negozietto.
Con un eretico pasto Mac Donald tronchiamo il cordone ombelicale indiano e ci proiettiamo a malincuore al rientro. Bengalore non è indispensabile, può valere la pena starci giusto la (mezza)giornata prima dell’aeroporto, per vedere l’ennesima faccia di un’India che non può che sorprendere.
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