di Francesca Orioli
Aprile 2021
Il Cammino del Titano è un circuito ad anello che permette di circumnavigare il monte sul quale sorge l’antica Repubblica di San Marino, toccando i nove ‘ Castelli’ ovvero le unità amministrative in cui lo Stato è suddiviso.Il percorso è di 43 km, prevede un dislivello di circa 2000 m, si snoda tra boschi, parchi, strade sterrate, centri abitati e parchi, con una panoramica a 360 gradi su monte. E’ segnalato da simboli bianchi e azzurri (i colori della bandiera sammarinese) a volte si incontrano anche i segnali bianchi e rossi nei tratti in comune con altri sentieri. Talvolta bisogna aguzzare la vista perché i segnali non sempre saltano all’occhio: noi abbiamo seguito la traccia GPX sul sito ufficiale www.ilcamminodeltitano.com
Questa una mappa per avere un’idea di come è suddiviso il paese.

E questa la morfologia del percorso presa dal sito www.sanmarinotrekking.com
Per decidere il punto di partenza bisogna individuare innanzitutto il posto per il pernottamento, sempre che non si voglia affrontare la maratona in giornata. In ‘Città’ ovvero nel nucleo storico ci sono diversi alloggi come pure nel Castello di Serravalle. C’è un campeggio, il Centro Vacanze che rimane abbastanza sul percorso (www.centrovacanzesanmarino.com). Eventualmente ci si può informare se è possibile piazzare la tenda da qualche parte lungo il tragitto contattando San Marino Experience sul form ‘contattaci’ del sito www.camminodeltitano.com
Per una soluzione più chic invece Modà Antica Dimora nel bel borgo di Montegiardino.
Il percorso attraversa centri abitati dove si incrociano bar e supermercati per eventuali rifocilli, spesso inoltre si incontrano fontanelle d’acqua e qualche volta anche bagni. Immancabili le bandiere sammarinesi sventolanti ovunque, cappellette votive private e tante, tante ville.
Ripercorriamo qui il nostro giro intorno al monte con le immagini e qualche curiosità sulla storia di questa antica terra di libertà.
Lasciamo la macchina a Faetano, località Ca’ Montanaro (346 m) nei pressi del monumento che commemora la battaglia qui avvenuta nel settembre del 1944 nell’ambito dei combattimenti della Linea Gotica nota come la battaglia di Monte Pulito. Il monumento riporta la descrizione dell’atto eroico del soldato inglese contro il battaglione tedesco che gli valse la Victoria Cross, alta onorificenza militare britannica. L’episodio venne riportato nella prestigiosa London Gazette con dovizia di particolari, la cui riproduzione è posta a lato del cippo commemorativo costituito da mani che si congiungono a simboleggiare il senso di sacrificio per il prossimo.
Sono le 7,40 del mattino e cominciamo il nostro cammino scendendo in un paesaggio di calanchi, verso il Parco Fluviale del Marano (121 m), un’area verde che si snoda lungo il fiume che separa San Marino dall’Italia nell’abitato di Coriano.

Sguardo in alto ed ecco in alto il campanile del Castello di Faetano, circondato da un gruzzoletto di case e da una imponente costruzione bianca e blu di discutibile impatto paesaggistico (trattasi della sede della Banca di San Marino – che tutto può).
Il Castello di Faetano è una delle aree che vennero annesse alla Repubblica a seguito dei Patti di Fossombrone del 1463, al culmine di una guerra con i Malatesta di Rimini per il predominio dei territori. In quell’occasione, San Marino aveva l’appoggio del papato di Pio II e del ducato di Urbino con Federico III di Montefeltro, quindi aveva le spalle ben coperte e Sigismondo Pandolfo Malatesta dovette prenderla persa. Quei Patti furono fondamentali per la storia della Repubblica perché con l’annessione, oltre che di Faetano, dei Castelli di Domagnano, Fiorentino, Montegiardino e Serravalle, vennero stabiliti in modo definitivo i confini dello Stato.
Ma bando alle ciance, gambe in spalla e proseguiamo. Finora abbiamo fatto più che altro della gran discesa, ma puntando verso il Castello di Montegiardino si comincia un po’ a salire. Grazioso borgo raccolto, il più piccolo tra i Castelli, Montegiardino (295 m) è un agglomerato di viuzze e case antiche in pietra-vista ben tenute, adornate di fiori e formelle della via Crucis che qui trovano una adeguata ambientazione d’epoca.
Essendo a ridosso della Pasqua fa tutto ancora più atmosfera.
Facciamo una puntatina all’interno della chiesa di San Lorenzo dove è custodita la copia della statua del Santo Marino, il cui originale si trova nella pieve di Città.
Lasciamo l’aria fiabesca del bel borgo, la prossima tappa che ci aspetta è il Castello di Fiorentino, altro territorio passato dai Malatesta a San Marino nel 1463. La vista del monte comincia a ‘schiacciarsi’, finora ne abbiamo visto il lato longitudinale, ora siamo sul lato corto, vediamo ‘la prua della nave’ che, contornata dagli alberi in fiore, offre fotogeniche inquadrature. Ci concediamo una tappa alla panetteria vicino alla chiesa di Fiorentino, perché vada per i sacrifici pasquali ma alla panza non si comanda. Raggiungiamo l’altura di Capanne (498 m) e pare che il monte quasi scompaia, ma scendendo verso Molinaccio (330 m) comincia a comparire il lato meno conosciuto: il digradare delle costruzioni che costituiscono il centro abitato arroccato sul monte. Con uno sguardo attento sul nostro monte scorgiamo anche le antiche mura di Città che discendono dalle torri.
Dopo Molinaccio le indicazioni dicono di seguire per Chiesavecchia, noi la prendiamo un po’ più larga per arrivare alla piazza del Castello di Chiesanuova.
La piazza sulla quale si affaccia la struttura della Casa del Castello è stata riqualificata nel 2010 e ospita la fontana disegnata da Tonino Guerra ‘La Voce del Canneto’: canne in ferro arrugginito, una solida struttura in vetro e una vasca circolare sono gli elementi di questa scenografica fontana che dà valore alla piazza. L’artista romagnolo ne ha lasciate diverse di fontane lungo i territori della riviera – Torriana, Riccione, Cervia, Santarcangelo, Poggio Berni, Sogliano al Rubicone e Castelfidardo. Mi riprometto di andarle a vedere tutte.
Proseguiamo il nostro cammino scendendo in direzione di Acquaviva, vedendo a destra il monte aprirsi sempre di più ai nostri occhi e a destra l’entroterra romagnolo con Montebello, Torriana e Verucchio.
Si continua a scendere fino a Molarino (208 m) per poi risalire alla piccola Chiesa di Ca’ Centino (315 m) e da qui ci inoltriamo nei selvaggi boschi di Canepa. Incontriamo i Mulini di Canepa (290 m) gli antichi mulini ad acqua; con qualche piccola deviazione possiamo vedere anche la cascatella e la grotta di Canepa, non a caso questa zona è considerata un parco didattico sull’acqua.

Siamo – neanche a dirlo – nel territorio del Castello di Acquaviva, il cui nome sembra appunto derivare dalla fonte ai piedi del Monte Cerreto, con la quale il Santo Marino battezzò i primi cristiani della comunità che si era sviluppata intorno al Monte Titano.
Attraversiamo Parco Verde (430 m), dove c’è una fontanella poco dopo il parco avventura (nonché un ottimo ristorante/pizzeria) e risaliamo verso la cima del Monte Cerreto (443 m), scendendo poi si incontra di nuovo una fonte d’acqua e pure i bagni.
Proprio di Monte Cerreto si parla nel più studiato documento storico delle scuole sammarinesi: il Placito Feretrano, una copia trascritta intorno all’anno 1000 di un documento di due secoli più antico che testimonierebbe la condizione di indipendenza della Serenissima Repubblica. Qui ci vuole una piccola parentesi storica. La tradizione fa risalire la fondazione della repubblica il 3 settembre del 301 d.c. quando il dalmata Marino, rifugiato religioso a seguito delle persecuzioni di Diocleziano, si stabilì sul Titano fondando una piccola comunità. Ma va a capire in un’epoca di scissioni nell’impero romano, discese di barbari e potere papale ascendente, com’era la situazione da queste parti e chi stava dietro ai quattro gatti acquattati in cima ad un monte. Proprio in questo clima di incertezza ci si aggrappa storicamente al Placito Feretrano per gettare una luce sul dominio di questi territori. Il documento riporta un fatto accaduto il 20 febbraio 885, giorno in cui una corte di giustizia radunatasi nei pressi del Monte Cerreto si è trovata a risolvere una causa di appartenenza delle campagne contese tra il Vescovo di Rimini e l’Abate del Monastero di San Marino, sentenziando la conferma del possesso in capo a quest’ultimo. Secondo alcuni studiosi questa sarebbe la prova provata che i territori sammarinesi erano indipendenti: in realtà gli storici sono ancora lì che discutono ma nel mare magnum di quei secoli, quella pergamena trascritta getta rimane un’importante testimonianza dei fatti dell’epoca.
Continuiamo il nostro cammino approcciando la prossima tappa e tenendoci la ‘Storia’ come compagna di viaggio. Eccoci al Sacello del Santo, il primo rifugio di Marino scappato dalle persecuzioni religiose dell’Impero Romano d’Oriente, in una grotta incastonata sulla rupe della Baldasserona. Ai piedi della roccia incontriamo la piccola cappella in pietra del monte e salendo sulla ripida scala andiamo a conoscere il sacro riparo.
Proseguiamo uscendo dal territorio di Acquaviva per entrare nel Castello di Borgo Maggiore (539 m) che come dice il nome, è un bel borgo di origine medievale chiamato originariamente Mercatale perché qui si svolgevano fiere e mercati. Che, per la verità, si svolgono ancora oggi: tra la Piazza Grande e la piazzetta porticata, si radunano le bancarelle del mercato settimanale, i mercatini biologici e quelli dell’antiquariato.
Ma tra covid e la penitenza della vigilia di Pasqua non c’è un bel nulla, quindi avanti tutta per il Sentiero della Rupe – un percorso paesaggisticamente meraviglioso a ridosso della parete rocciosa, immerso nel verde. Moralmente spiazzante per i pochi ‘sali’ e infiniti ‘scendi’ che fanno presagire lo strappo finale per conquistare quota: l’inequivocabile scala di ferro non ci lascia scampo. Con ancora qualche discesina a tradimento arriviamo finalmente in cima al Santuario della Tanaccia: uno sperone roccioso che fungeva, in passato, come luogo di raccolta delle adunanze religiose, con un panorama di grande ispirazione sul mare. Qui sono state rinvenute monete, resti di vasellame e statuette votive. Oggi non rimane nulla se non una vista impareggiabile e un’immersione nella pace e nella tranquillità.
Siamo giunti nel Castello di Città. Il nostro primo giorno di cammino finisce qui con 28 km sulle spalle e circa oltre 1200 metri di dislivello.
Il giorno seguente sarà una passeggiata di salute in confronto, solo 15 km e molto meno dislivello rispetto al primo giorno.
Partiamo comunque presto per salvaguardare il pranzo di Pasqua con le gambe sotto il tavolo. Portiamo in saccoccia la colazione tipica della tradizione pasquale di famiglia, tutta sostanza e rinascita, stendiamo il banchetto su un ‘fresco’ tavolo di roccia con vista prima torre di Città – la ‘Guaita’ e ci godiamo il momento, un po’ ventoso ma incantevole. Ora la giornata può cominciare. Dopo aver attraversato (prima della colazione) la terza torre, all’anagrafe ‘Montale’ e la seconda ‘Cesta’ che si erge dal punto più alto del monte, cominciamo a scendere verso l’antica Cava dei Balestieri. Attraversiamo il raffinato spazio verde del Monastero di Santa Chiara e ci infiliamo lungo la Costa dell’Arnella. Si tratta di una suggestiva strada acciottolata fiancheggiata da felci e ciclamini che scende fino a Borgo Maggiore (539 m), proprio dove, sul finire del giorno prima abbiamo intrapreso il Sentiero della Rupe.

Ma ora continuiamo a scendere e prendiamo direzione Ventoso un piccolo centro abitato (396 m) del Castello di Borgo che, a dispetto del nome, oggi si mostra la zona meno ventilata di tutto il cammino. Continuiamo a scendere circondati da soffici prati verdi e villette che sovrastano le dolci colline. Come dicevo, di ville più o meno grandi ne vediamo a bizzeffe in questo giro, ma la medaglia d’oro va ad una villetta con tanto di torre annessa che incrociamo sulla Strada San Michele, proprio sul confine con il Castello di Serravalle. Proseguendo, lasciamo i campi verdi e ci avviciniamo alla zona industriale Ciarulla, un paesaggio di capannoni che ci tocca attraversare. Ma basta lanciare lo sguardo ‘oltre’ per scorgere il monte che di nuovo ci compare nel suo bel profilo longitudinale avvolto dal verde.
Siamo nel Castello più popoloso della Repubblica dove finalmente c’è un vero castello degno di questo nome. Attraversiamo il tunnel dell’antica galleria del treno Rimini-San Marino oggi aperta al traffico veicolare (ma con corridoio pedonale), usciamo come ladri da una porticina sul finire della galleria e ci troviamo proprio di fronte al castello. Sede municipale, l’edificio merlato è circondato da abitazioni che si ritrovano un giardino con vista regale.
Ma riprendiamo i nostri cartelli e seguiamo le indicazioni per Arboreto: ci troviamo subito nel mezzo del parco Laiala (130 m). Dopo aver attraversato il ‘normale parco’ ci troviamo ad attraversare una vecchia galleria e dopo un po’ i nostri piedi calpestano il tracciato della ferrovia Rimini-San Marino in un sentiero progettato proprio per rievocare la sede ferroviaria. Camminiamo infatti in compagnia di tratti di binari in disuso e vecchi piloni, il tutto immerso in un incantevole verde con panorami rilassanti E’ una zona incantevole con piantumazioni a scopo didattico: una leggera pendenza ci fa salire verso Lesignano (188 m) e Cà Vagnetto (230 m).
Nel frattempo , distratti dalla bellezza, siamo entrati nel Castello di Domagnano. Con una dolce strada sterrata andiamo diritti in fronte al monte che ci appare in una delle sue migliori vesti. Di nuovo immersi nel verde di prati e vigneti, scorgiamo il campanile del centro abitato sulla collina intervallata da calanchi. Tanta discesa e ora ci aspetta l’ultima fatica: una salitona verso Piandavello e dopo poco più di 4 ore arriviamo al nostro punto di partenza Ca’ Montanaro (346 m).
Gran bel giro e … i cappelletti della zdora Adele ce li siamo guadagnati.